Alzheimer, l’evolversi della malattia si può fermare: altro che farmaci ed integratori, la scoperta che cambia tutto

È significativo e meritevole di menzione quello che un team di ricercatori ha scoperto in merito a come trattare il morbo di Alzheimer, il risultato è ragguardevole.

Alzheimer, se è vero che una cura definitiva non esiste, è pur vero che comunque la ricerca ha toccato delle tappe molto importanti, nel corso degli ultimi anni. Questa malattia neurodegenerativa è temutissima: niente fa più paura del vedere i ricordi di una vita svanire gradualmente, e poi di colpo. Una ricerca compiuta negli Stati Uniti ha ora confermato come un certo tipo di alimentazione possa essere di grande aiuto nel contrastare il morbo di Alzheimer.

Uomo con mani alla testa seduto in salotto
Alzheimer, l’evolversi della malattia si può fermare: altro che farmaci ed integratori, la scoperta che cambia tutto – abruzzo.cityrumors.it

C’è infatti uno specifico regime alimentare che ha guadagnato attenzione sia come metodo per il controllo del peso che come possibile alleato nella lotta contro malattie neurodegenerative come il sopra citato morbo di Alzheimer. Recenti studi condotti da un team di ricercatori dell’Università della California a San Diego hanno messo in evidenza come una restrizione temporale nell’assunzione di cibo possa avere effetti positivi sulla funzione cognitiva e sul rallentamento dell’accumulo di proteine amiloidi nel cervello, un fenomeno legato all’insorgenza di questa malattia. E c’è una specifica dieta che può fare questo.

Come si fa a curare l’Alzheimer?

Si tratta del digiuno intermittente, come confermato dalla dottoressa Paula Desplats, neuroscienziata e principale autrice della ricerca. Quest’ultima ha rivelato che la sua spinta a esplorare questi temi è personale, essendo stata toccata dalla malattia in ambito familiare. La Desplats ha affermato che il digiuno intermittente potrebbe offrire una maggiore protezione contro la demenza. Oltre che contribuire a migliorare alcuni sintomi già manifesti.

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Come si fa a curare l’Alzheimer? – abruzzo.cityrumors.it

Uno degli aspetti più interessanti emersi dallo studio è la correlazione tra il digiuno ed il ritmo circadiano, che risulta frequentemente compromesso nei pazienti affetti da Alzheimer. Circa l’80% di questi individui presenta disturbi del sonno, che possono portare a condizioni di confusione e aumentare il rischio di incidenti. Tali problematiche sono spesso la ragione per cui molti necessitano di assistenza continua.

Il digiuno a ritmo circadiano, che è una variante del digiuno intermittente, incoraggia i soggetti a consumare i pasti in una finestra temporale limitata, preferibilmente durante le ore diurne. Questo approccio ha trovato riscontro anche in studi condotti su modelli animali, dove i ricercatori hanno esaminato l’effetto di diverse routine alimentari su topi geneticamente predisposti a sviluppare patologie simili all’Alzheimer. I risultati sono stati promettenti. I roditori alimentati in una finestra di sei ore al giorno hanno mostrato miglioramenti significativi nella memoria e nei cicli di sonno rispetto a quelli che seguivano un’alimentazione regolare.

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Quanto scoperto promette bene

Dopo tre mesi di digiuno intermittente, i topi hanno mostrato un abbassamento delle placche amiloidi e modifiche positive in geni associati all’Alzheimer. La dottoressa Desplats ha sottolineato la potenziale capacità del digiuno di influenzare non solo il ritmo circadiano, ma anche di promuovere la riduzione di sostanze tossiche nel cervello.

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Quanto scoperto promette bene – abruzzo.cityrumors.it

In aggiunta ai benefici per la salute cerebrale, il digiuno intermittente sembra avere effetti positivi su altri parametri vitali, come la pressione arteriosa e i livelli di insulina, rendendolo un’opzione interessante anche per i pazienti diabetici.

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La diffusione di questa pratica è stata ulteriormente incentivata da celebrità del calibro di Beyoncé, Hugh Jackman e Jennifer Aniston, che hanno adottato il digiuno intermittente come parte del loro stile di vita, contribuendo così a una maggiore consapevolezza e accettazione sociale di questo regime alimentare.

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