Il gruppo rap Kneecap finisce al centro di un’indagine antiterrorismo dopo la diffusione di video controversi. Le reazioni del mondo politico e artistico dividono l’opinione pubblica.
Ci sono storie che meritano di essere conosciute anche se in Italia hanno ancora poco risalto. Questa che riguarda i Kneecap, trio hip hop di Belfast che rappa in lingua irlandese, è una di queste. E da giorni sta occupando la stampa più significativa di Regno Unito e Irlanda.

Il gruppo è diventato di interesse pubblico dopo la sua recente partecipazione al Coachella Festival, in California, durante la quale hanno criticato apertamente Israele parlando di “genocidio a Gaza”.
Kneecap sotto indagine
Il gruppo è finito nell’occhio del ciclone mediatico e istituzionale. L’episodio ha generato reazioni veementi, dai titoli di Fox News alle richieste di revoca dei visti per gli Stati Uniti, fino a vere e proprie minacce di morte riportate dal loro management e indirizzate alla loro agenzia americana.
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L’attenzione è cresciuta ulteriormente con la diffusione di un video risalente a un concerto del novembre 2023, in cui uno dei membri del gruppo avrebbe gridato: “L’unico conservatore buono è un conservatore morto. Uccidi il suo rappresentante locale…”
In un altro filmato, risalente sempre al 2023, si sentono parole inneggianti ad Hamas e agli Hezbollah. Entrambe le frasi hanno suscitato un’ondata di condanne trasversali, dai ministri del governo britannico a esponenti della comunità ebraica.
Il caso Kneecap, reazioni politiche e indagine della polizia
Il contraccolpo è stato immediato. La polizia metropolitana ha confermato di aver aperto un’indagine con il reparto antiterrorismo, in seguito alla segnalazione dei video apparsi online. In un comunicato ufficiale, Scotland Yard ha diffuso una precisazione: “Il 22 aprile siamo stati informati di un video relativo a un evento musicale a Londra nel novembre 2024. Successivamente, un altro video del novembre 2023 è stato riferito alla nostra attenzione. I materiali sono stati inoltrati all’unità antiterrorismo per ulteriori valutazioni e ora sono oggetto di indagine”.
Diversi concerti del gruppo sono già stati annullati. L’Eden Project in Cornovaglia ha cancellato l’evento previsto per il 4 luglio, seguito a ruota da quello allestito al Plymouth Pavilions: “Abbiamo preso questa decisione su consiglio delle autorità competenti” hanno comunicato gli organizzatori, citando ‘preoccupazioni per la sicurezza pubblica e generale’. La leader dei Comuni Lucy Powell ha affermato: “Nessuno in Parlamento vuole vedere i Kneecap sul palco di Glastonbury”.
Kneecap: tra militanza e provocazione artistica
I Kneecap, composti da Mo Chara, Móglaí Bap e DJ Próvaí, si muovono da sempre in bilico tra attivismo politico e provocazione musicale. Il loro nome stesso richiama la punizione paramilitare nota nell’Irlanda del Nord, e i loro testi spesso riflettono posizioni apertamente repubblicane. L’utilizzo della lingua irlandese è parte della loro identità artistica, così come l’impegno a favore della causa palestinese.
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Nel loro comunicato più recente, i Kneecap scrivono… “Rifiutiamo qualsiasi insinuazione secondo cui potremmo incitare alla violenza contro un deputato o qualsiasi individuo….”. E ancora: “Non abbiamo mai sostenuto Hamas o Hezbollah. Un estratto video, decontestualizzato, viene ora utilizzato come arma contro di noi, come se fosse un incitamento all’azione”.
In riferimento alle famiglie dei deputati britannici Jo Cox e David Amess, entrambi uccisi in due distinti episodi, il gruppo ha aggiunto… “Alle famiglie Amess e Cox, rivolgiamo le nostre più sincere scuse. Non era nostra intenzione ferire nessuno”.
Il precedente storico e il dibattito sulla libertà artistica
Il caso Kneecap ha riaperto il dibattito su quanto possano spingersi gli artisti nella provocazione pubblica. Molti commentatori hanno richiamato il caso del brano Cop Killer del 1992, in cui Ice-T cantava esplicitamente di uccidere poliziotti. Il brano, pur se difeso come espressione artistica, fu ritirato dall’album a seguito della pressione dell’allora presidente George H. W. Bush e di un boicottaggio guidato dalle forze dell’ordine.
Paradossalmente oggi Ice-T è molto più famoso come personaggio televisivo che come rapper. È l’investigatore Odafin Tutuola, nella serie Law and Order Special Victim Unit, un poliziotto…
Anche in tempi più recenti ci sono episodi minori hanno generato forti reazioni. Le Dixie Chicks, oggi note come The Chicks, persero il favore del pubblico country americano dopo aver criticato George W. Bush in un concerto a Londra nel 2003.
Il sostegno del mondo musicale a Kneecap
A difesa del trio irlandese si è schierata invece una folta rappresentanza del mondo artistico britannico. I Fontaines D.C., i Pulp, Paul Weller degli Style Council, Annie Mac, Bicep, Massive Attack e Christy Moore hanno firmato una lettera aperta diffusa dalla casa discografica Heavenly Recordings.
Il messaggio è netto: “È in atto un chiaro tentativo di censura e de-piattaformizzazione del gruppo, condotto da politici e media. La libertà artistica non dovrebbe essere soggetta a repressione politica. In una democrazia, nessun leader dovrebbe avere il potere di decidere chi può o non può salire su un palco”, si legge nel testo della lettera.
Kneecap e il confine tra arte e responsabilità
Nel mezzo del clamore mediatico, la questione resta aperta: quanto vale il contesto nell’interpretazione di un testo o di una frase pronunciata sul palco?
Il caso Kneecap sembra oggi una cartina tornasole per due schieramenti opposti: da un lato chi chiede la censura in nome della sicurezza, dall’altro chi invoca la difesa assoluta della libertà d’espressione. In entrambi i casi, a pagare è spesso l’ambiguità artistica, terreno per definizione instabile e soggetto a interpretazioni mutevoli.