Poteva andare decisamente molto peggio per P. Diddy che viene condannato per due soli capi di accusa legati al trasporto di persone per sfruttamento sessuale, dopo un processo intenso che ha smantellato la sua immagine di icona hip‑hop e che poteva lasciarlo in carcere per tutta la vita
Il processo a Sean “Pudding” Combs, alias Puff Daddy prima e da anni ormai ribattezzato P. Diddy, si è concluso con un verdetto misto che ha però incrinato profondamente l’immagine pubblica di uno degli artisti più influenti e più ricchi nel panorama della produzione rap e hip-hop.

Il celebre produttore e imprenditore è stato infatti assolto dalle accuse più gravi di traffico sessuale e associazione a delinquere, ma riconosciuto colpevole in due capi di imputazione relativi al trasporto per fini di prostituzione.
Il processo a P. Diddy
P. Diddy resta detenuto nel Metropolitan Detention Center di Brooklyn in attesa della sentenza che potrebbe vederlo condannato fino a un massimo di 20 anni. Una sentenza molto attesa, per una pena che potrebbe essere molto severa, ma che sarà comunque notevolmente inferiore rispetto a quello che temevano gli avvocati del rapper. La teoria della procura era durissima: anni e anni di sfruttramento della prostituzione, un vero e proprio traffico di donne che Diddy avrebbe utilizzato anche come strumento di coercizione e ricatto per molte persone che avevano collaborato con lui.
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Nell’agenda di Diddy c’erano nomi pesantissimi del mondo della politica, dell’intrattenimento e dello sport che per tutta la durata del processo hanno tenuto il fiato sospeso. Da una parte perché magari danneggiati, dall’altra perché in qualche modo collusi con un sistema estremamente contorto.
Il verdetto: colpevole, ma….
La giuria però non ha accolto tutta la teoria dell’accusa. Numerose le accuse che sono cadute a fronte di una sentenza che si annuncia più mite rispetto a quello che poteva essere…
Tuttavia il verdetto è stato considerato da molti un passo significativo verso una responsabilizzazione di figure potenti. Il processo, durato sette settimane e articolato su decine di testimoni, ha messo l’accento sui cosiddetti presunte “freak‑off parties” – feste sfrenate all’insegna di droga, sesso e alcol – e sulle dinamiche di controllo esercitate da Combs nei confronti di donne—tra cui l’ex partner Cassie Ventura— includendo anche diverse accuse di violenza e intimidazioni.
P. Diddy, un processo controverso
Il procedimento penale, ufficialmente definito “United States v. Combs”, si è aperto con la selezione della giuria il 5 maggio scorso davanti al giudice Arun Subramanian nella Corte Federale di Manhattan, la stessa che si vede molto spesso sui telefilm delle serie Law and Order. Dopo sette settimane di testimonianze — ben 34 i testimoni ascoltati — e ore di dibattito delle parti, i giurati si sono ritirati per deliberare dal 30 giugno e sono usciti dalla camera di consiglio mercoledì, in tarda serata.
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Diddy affrontava cinque accuse federali: una per cospirazione e racket della prostituzione, due per traffico sessuale e due per trasporto di persone ai fini di prostituzione. Sin dall’inizio del processo, i media avevano descritto il caso come un “media circus”, con copertura globale, dossier televisivi e numerosi talk show dedicati ai suoi “party“, indicati come ambienti dove si consumavano numerosi atti illegali.
Il verdetto: assoluzione e condanna parziale
Al termine delle deliberazioni, la giuria ha assolto Combs dalle accuse più pesanti: traffico di esseri umani e racket. Tuttavia, ha ritenuto provato il suo coinvolgimento nel trasporto di due ex partner e di uomini per scopi prostitutivi, violando il cosidetto Mann Act.
Subito dopo la lettura del verdetto, Combs ha reagito mettendo le mani in segno di preghiera e ringraziando i giurati. Il suo team legale ha definito il risultato “una vittoria significativa”, mentre l’accusa ha annunciato che, in vista della sentenza, cercherà di ottenere fino almeno a 4 anni e tre mesi di reclusione. Nulla rispetto al carcere a vita che Combs avrebbe rischiato in una sentenza di piena colpevolezza.
Le accuse: testimoni, video e party scandalo
Due ex partner di Combs, oltre alla ex fidanzata Cassie Ventura, duramente provata da tutta la vicenda e accusatrice determinante da parte dello staff della procura, oltre a una donna la cui identità non è stata resa nota e che è stata nominata nei dossier Jane Doe, hanno testimoniato che furono trasportate in eventi noti come “party freak-off”, dove avrebbero subito violenze e coercizione, a volte anche psicologiche. Altri testimoni — tra cui ex membri dello staff di Combs — hanno confermato il carattere privato e dissoluto di quegli incontri .
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Elemento di scontro chiave è stato un video amatoriale del 2016, diffuso da CNN, in cui Combs appare mentre trascina violentemente Ventura in un corridoio d’albergo, un gesto che l’imputato ha definito “inaccettabile per quanto provato” e per il quale si è scusato pubblicamente.

Reazioni istituzionali e pubbliche
Il pubblico e i media si sono ovviamente divisi nel giudicare l’evento. La difesa ha argomentato che tutti gli incontri erano consensuali, mentre l’accusa ha tessuto la sua narrazione sulle dinamiche di potere e abusi che Combs avrebbe esercitato sistematicamente. Alcuni commentatori del mondo culturale hanno evidenziato come la condanna, seppur parziale, rappresenti una significativa incrinatura dell’immunità goduta da star del calibro di Diddy, uomo non solo famoso ma estremamente potente.
Nel frattempo, Diddy resta in carcere: una richiesta di cauzione da 1 milione di dollari è già stata respinta dal giudice Subramanian, motivando la decisione con preoccupazioni legate a possibili intimidazioni sui testimoni. Ora il rapper attenderà nella sua cella del carcere federale la sentenza definitiva. Alla quale il suo collegio difensivo ha comunque già preannunciato ricorso in secondo grado.
Prossimi sviluppi: sentenza e ricadute
Il verdetto prevede una sentenza fissata per il 3 ottobre 2025, quando il giudice deciderà su una pena che può arrivare a 20 anni. Nel frattempo, Combs continua a fronteggiare oltre 30 cause civili legate ai medesimi fatti, alcune riguardanti accuse di violenza sessuale e traffico, che potrebbero ampliare le conseguenze economiche e reputazionali.
Sul piano aziendale, già nel 2023 erano state annunciate conseguenze pesanti: ritiro di prodotti, cancellazioni di collaborazioni e reazioni da parte di media & istituzioni—da Macy’s alla Recording Academy—che avevano preso le distanze prima ancora dell’avvio del processo. Diddy ha fatto fortuna più con le sue compagnie editoriali, commerciali e promozionali che con la sua musica.
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Il suo maggiore successo a oggi è I’ll Be Missing You, scritta su un campionamento di Every Breath You Take, scritta da Sting per i Police, che gli era costata moltissimi soldi in termini di diritti, che se poi la controversia tra i due musicisti era stata ricomposta. Un brano che risale al periodo in cui il cantante faceva coppia fissa con Jennifer Lopez che lo accusò già più di venti anni fa di condotta coercitoria e violenta.
P. Diffy, un mito incrinato
Il caso Diddy segna un punto di svolta nel confronto tra potere mediatico e responsabilità penale. Il verdetto del 2 luglio indica che anche figure iconiche non sono immuni di fronte alla legge, pur rimanendo aperto il dibattito sulle modalità e sul peso delle prove in gioco. In attesa della sentenza d’ottobre, molte domande restano aperte, soprattutto in vista delle prossime fasi sia del processo federali che delle cause civili con diverse vittime che lo accusano che hanno chiesto risarcimenti milionari.