Arriva dall’Abruzzo un nuovo sistema all’avanguardia per lo sport: il merito è di un giovane aquilano, che ha avuto l’intuizione di creare uno strumento in grado di monitorare gli infortuni alla testa durante le prestazioni sportive.
Classe 2001 ed ex rugbista professionista, Simone Panella ha infatti messo a frutto la sua personale esperienza per realizzare Dyamotech, un dispositivo che – afferma lo stesso ideatore – “potrebbe rivoluzionare la rilevazione delle commozioni cerebrali negli sportivi, soprattutto delle categorie più giovani”.
Trasferitosi in Inghilterra all’età di 16 anni per inseguire il sogno di giocare come professionista nello sport della palla ovale, il giovane aquilano racconta di aver provato più volte sulla sua pelle la sensazione di paura e malessere determinata da colpi alla testa non adeguatamente trattati. Un infortunio che nel rugby è piuttosto diffuso e che, afferma Panella, spesso non viene trattato apertamente.
L’idea del giovane rugbista aquilano
“Molte volte, dopo un potente placcaggio, mi sentivo stordito: inizialmente credevo fosse normale, solo in seguito ho iniziato a capire l’impatto di questi urti sulla mia salute, sia fisica che mentale” – ha continuato Panella, lanciando così un’incognita sulle conseguenze di questo sport.
Incognita che, però, non è pio così misteriosa. Sono sempre più numerose le evidenze scientifiche che attestano il raddoppiamento del rischio di malattie neuropsichiatriche in conseguenza di una ripetuta esposizione a colpi alla testa prima dei 12 anni.
Ecco dunque che la tecnologia brevettata dal giovane rugbista può concretamente offrire ai giovani atleti un’analisi approfondita dei traumi che possono arrivare a generare, seppur in rari casi, anche conseguenze fatali. Ma come funziona?
Panella spiega che il suo dispositivo, mediante l’applicazione di una fascia intelligente attorno alla testa durante la pratica sportiva, può monitorare le condizioni fisiche rilevando numero, intensità e direzione dei traumi subiti. I risultati di questa accorta attività di osservazione vengono poi messi a disposizione in un’app.
Guai poi a pensare che si tratti di un’applicazione dedicata al solo rugby: il dispositivo può infatti essere usato in un ampio numero di discipline sportive, essendo possibile indossarlo su caschi rigidi come quelli utilizzati nell’arrampicata, nello sci, nello skateboard e altro ancora.
Dopo tre anni di sviluppo, il progetto si propone ora ad alcune istituzioni sportive che potranno provarlo prima del test finale. Vincitore del recente premio al London Venture Crawl, si spera che il rilevatore possa porre la giusta attenzione su un problema fin troppo sottovalutato.