Vive in Italia da 9 anni e ha sempre lavorato in nero

Said vive in Italia da 9 anni e ha sempre lavorato in nero, perché non ha un permesso di soggiorno.

La vicenda viene raccontata e analizzata dalla Cooperativa On the Road che in occasione della festa del Primo maggio parla di caporalato e dello sfruttamento lavorativo. Ma anche dei progetti che la stessa coperativa mette in campo in Abruzzo, Marche e Molise

Ha trovato un datore di lavoro che gli chiede di lavorare 10 ore al giorno per 6 giorni alla settimana nella sua azienda agricola in cambio di 600 euro al mese, dai quali decurta 150 euro per l’affitto di un pezzo di casolare fatiscente. Il lavoro è duro, il trattamento è degradante, gli insulti e le minacce sono all’ordine del giorno. Ma il capo è buono, perché ha promesso di fargli un contratto di lavoro con il quale potrà fare domanda per ottenere la protezione speciale, che fino al cd Decreto Cutro veniva concessa, a volte, a chi dimostrava di essere integrato, cioè di avere un lavoro. Quindi Said sopporta tutto, anche la sottrazione di uno stipendio intero come pagamento per questo contratto.

Però la Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale non accetta la sua domanda, perché il contratto è troppo recente e quindi non dimostra integrazione. E così Said continuerà ad essere irregolare, e potrà lavorare solo in nero, pagato poco e con nessuna possibilità di emancipazione da questa condizione.

Said è una delle centinaia di lavoratori sfruttati che gli operatori e le operatrici di On the Road incontrano nelle attività di prossimità come le uscite di strada nei luoghi di lavoro e di vita, o negli sportelli disseminati nelle tre regioni dove lavoriamo. Accompagniamo i lavoratori a fare vertenza o denuncia se le violazioni commesse dai datori di lavoro sono più gravi, accogliamo le persone nelle strutture residenziali, facciamo corsi di italiano, supportiamo inserimenti lavorativi in aziende sane del territorio e supportiamo le Regioni e gli altri enti, come gli Ispettorati, le Forze dell’Ordine, le Procure, nel lavoro di contrasto allo sfruttamento lavorativo.

Oggi la Cooperativa On the Road ha molti motivi per festeggiare il Primo Maggio e per riflettere sul Lavoro e sui Lavoratori.

 

Come soci e come lavoratori di una Cooperativa Sociale, festeggiamo noi stessə, per il percorso che ci ha portato a questo risultato e per le responsabilità che questo comporta.

Come ente che si occupa di accoglienza e integrazione di persone vulnerabili, in particolare immigrati, ma anche persone in stato di povertà, o di sofferenza psico-fisica, o vittime di violenza di genere, conosciamo il valore del Lavoro come mezzo per il successo di progetti migratori individuali o famigliari, o come strumento di emancipazione e autonomia.

In particolare, abbiamo molti motivi per riflettere sul Primo Maggio come ente accreditato antitratta che coordina da più di 20 anni progetti contro la tratta e il grave sfruttamento finanziati dal Dipartimento Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nelle regioni Marche, Abruzzo e Molise, e da alcuni anni anche progetti contro lo sfruttamento lavorativo e il Caporalato finanziati dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali nelle stesse regioni.

Perché le persone che incontriamo – come Said – spesso non si possono permettere di festeggiare il loro Lavoro come strumento di emancipazione e di realizzazione, perché, anche se gli permette di vivere e di mandare soldi a casa, si tratta di un lavoro avvelenato da sfruttamento, condizioni di vita indegne, umiliazioni, privazioni, emarginazione e spesso violenza.

 

C’è un’apparente contraddizione tra la presenza di 2 milioni di percettori di reddito di cittadinanza, il 9% di disoccupazione (il 25% tra i giovani) e il bisogno di lavoratori che da più parti viene evocato. Così come sembra contraddittorio rendere quasi impossibile la regolarizzazione degli immigrati già presenti e inseriti con la necessità del mercato del lavoro. Invece non c’è contraddizione, c’è coerenza. Perché non si cercano lavoratori ma servi, o schiavi.

 

Non si propone di avvicinare gli italiani e le italiane al lavoro garantendo stipendi, trattamenti decenti e misure per favorire il lavoro delle donne (sembra che non ce la faremo nemmeno ad usare i fondi del PNRR per gli asili nido), ma si mantengono nell’irregolarità, o comunque nella precarietà, centinaia di migliaia di immigrati, così da avere a disposizione una forza lavoro ricattabile, poco costosa. Così facendo si indebolisce la forza contrattuale dei lavoratori in generale.

Le volontà di una parte significativa del sistema produttivo di abbattere il costo del lavoro fino a renderlo una parte marginale del costo del prodotto o del servizio oggi si sposa alla perfezione con la volontà di questo governo di perseguitare migranti e immigrati, per rafforzare la narrazione dell’invasione e della “sostituzione etnica”.

 

Il governo incassa consensi perché difende la Nazione, e i “padroni” hanno a disposizione lavoratori ricattabili perché irregolari o eternamente precari. Non che i governi precedenti abbiamo fatto cose migliori, basti pensare alla “sanatoria” dell’estate del 2020, le cui conseguenze in termini di truffe agli immigrati che “emergevano” stanno producendo ancora oggi danni.

E soprattutto tutti hanno promosso questa visione del migrante che sostituisce l’italiano nei lavori che l’italiano non vuole più fare. Questa sorta di apartheid lavorativo arreca danni non solo ai migranti, ma a tutti i lavoratori. Certi lavori non dovrebbero nemmeno esistere: perché in Lombardia e in Emilia Romagna i pomodori si raccolgono con dei macchinari (come negli USA) mentre in Puglia, Sicilia, Campania si raccolgono a mano (come in Cina)? Perché gli immigrati a 2 euro all’ora sono più economici delle macchine.

Il Primo Maggio è una festa internazionale, nata negli USA e affermatasi con la sua adozione da parte della Seconda Internazionale nel 1889.

Ma in Italia è una festa molto vicina, non solo nel calendario, al 25 Aprile.

Perché il lavoro è nel primo articolo della nostra Costituzione, nata dalla lotta antifascista.
Perché nel ventennio fascista il Primo Maggio non si festeggiava, e perché il 1 Maggio del 1947 a Portella della Ginestra padroni, mafiosi e fascisti uccisero 14 lavoratori che manifestavano.

Oggi capiamo bene il rapporto tra Liberazione e Lavoro, e lottiamo per liberare le persone dal lavoro indecente e degradante.

Impostazioni privacy