Non si placano le polemiche dopo l’ennesima tragedia causata da un cane che questa volta ha sbranato una neonata di nove mesi nella propria casa
Sono diversi i punti da chiarire in merito alla morte della piccola Giulia, nove mesi appena, sbranata dal pit bull di famiglia mentre si trovava in casa con il padre ad Acerra, in provincia di Napoli, e la madre era al lavoro, di turno in una pizzeria. La neonata è stata portata immediatamente al pronto soccorso della clinica Villa dei Fiori, ma le ferite dei morsi erano così gravi che i medici non hanno potuto far altro che constatarne il decesso.

Purtroppo non è il primo caso di simili tragedie dove un uomo, un’anziana donna o un bambino, vengono aggrediti da questo tipo di animale. Eventi tragici che, secondo molti, avrebbero potuto essere evitati soltanto con un’accortezza diversa, un senso di responsabilità maggiore nel capire che alcune razze non possono essere considerate come cani di compagnia, anzi necessitano una cura e un’attenzione maggiore, sia per la sicurezza dei propri cari che delle persone in generale.
LEGGI ANCHE: Doccia fredda per chi ha superato questo concorso in Abruzzo: il Tar annulla tutto
L’ennesima tragedia assurda
Ancora un’assurda e inspiegabile tragedia. Una neonata di soli nove mesi è stata ferita mortalmente dopo essere stata attaccata dal pit bull di famiglia presente in casa. Un episodio devastante nella sua tragicità che ripropone il dilemma se sia giusto tenere in un ambito familiare alcuni tipi di cani appartenenti a razze per natura troppo aggressive, dell’importanza di una corretta gestione degli animali domestici, in particolare dei cani, che tenga in debito conto le loro caratteristiche etologiche e le potenziali implicazioni per la sicurezza delle persone.

“Questa è un’altra conseguenza del periodo del covid, un’eredità in più che ci ha lasciato quel periodo, dove molte, troppe persone, proprio per superare un momento così complicato di solitudine, ha cercato di ovviare prendendo un cane in casa“, ci spiega ai nostri microfoni Emanuele Artibani ex addestratore, oggi divulgatore cinofilo sul suo canale YouTube. “E’ un problema dalle molte sfaccettature, a partire dalla facilità di reperire un pit bull e portarlo a casa a giocare con i nostri figli, ma il vero problema”, continua Artibani, “è quella di riuscire a interpretare, da parte della maggior parte della gente, un cane come un cane. Da noi invece negli ultimi anni, per motivi che francamente sfuggono, è stato fatto un salto in avanti e i cani vengono considerati soprammobili, giocattoli o animali da guardia, tutto tranne che cani. Invece il cane è tutto, tranne che un soprammobile, un giocattolo o un guardiano!”
LEGGI ANCHE: L’Aquila, trapianto storico: salvata la vita a due abruzzesi
Ci vogliono le patenti
Risolvere un problema che porta a tragedie come quella della bimba di Acerra, ma come tante altre che sono accadute negli ultimi mesi in Italia, non è facile, così come non è facile risolvere il problema che resta soprattutto culturale. Allora forse servono regole certe come l’introduzione di un’autorizzazione all’adozione di un cane con una sorte di patente. “Il cane è un’essere vivente che risponde a degli istinti e a degli impulsi che bisogna conoscere, capire e quindi prevenire“, aggiunge sempre l’ex addestratore Artibani che si spinge oltre per trovare una soluzione.

“Tanti parlano di una sorte di patentino, io non sono d’accordo, perchè per me ne servirebbero almeno due! Il primo per chiunque abbia un cane o abbia l’intenzione di prenderne uno in casa, il secondo per chi ha cani che potrebbero rivelarsi più pericolosi perchè appartenenti a una razza con caratteristiche più difficili. Questa la ritengo l’ABC per avere una serietà cinofila, bisogna capire che responsabilità ci assumiamo nel portare un cane nelle nostre case e una patente attesterebbe questa presa di coscienza“, conclude Artibani. Siamo diventati un paese che anche in questo campo non sembra avere voglia di risolvere il vero problema, cioè quello della gestione di un cane.