Legge case popolari. Acerbo: il centrodestra non ha letto la sentenza

“La sentenza della Corte Costituzionale n. 9 del 2021 ha di fatto cancellato tre su quattro dei punti della legge regionale n.34 per l’edilizia residenziale contestati da Governo e Unione Inquilini. Una palese dimostrazione dell’incompetenza e dell’inosservanza della Costituzione, da parte della giunta di centrodestra”.

 

A sostenerlo, all’indomani della pubblicazione della sentenza il segretario nazionale e quello regionale del Prc, rispettivamente Maurizio Acerbo e Marco Fars, accusando il “centrodestra di prendere in giro i tanti abruzzesi che attendono da anni un alloggio popolare utilizzando una becera propaganda razzista”. Come avevamo più volte denunciato come Rifondazione Comunista e Unione Inquilini la Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale sia la richiesta per i soli cittadini non comunitari di dimostrare di non possedere un qualsiasi alloggio nel paese di provenienza per ciascuno dei membri del nucleo famigliare, sia il punteggio aggiuntivo nelle graduatorie per “anzianità di residenza”.

 

In particolare la Corte Costituzionale ha dichiarato “irragionevole innanzitutto per la palese irrilevanza e per la pretestuosità del requisito che mira a dimostrare…. altresì discriminatoria” la norma che obbligava i soli cittadini di Stati non appartenenti all’Ue a presentare oltre alla dichiarazione prevista per tutti i partecipanti al bando un ulteriore documentazione che attestasse che tutti i componenti del nucleo familiare non possedessero alloggi adeguati nel Paese, di origine o di provenienza. Nel merito della premialità per l’anzianità di residenza la Corte ha tirato le orecchie alla giunta regionale ricordando che più volte si era già espressa nel merito di tale proposta censurandola, nella fattispecie la Corte Costituzionale parla di evidente “sopravvalutazione” precisando che “il peso esorbitante assegnato al dato del radicamento territoriale nel più generale punteggio per l’assegnazione degli alloggi, il carattere marginale del dato medesimo in relazione alle finalità del servizio di cui si tratta, e la stessa debolezza dell’indice della residenza protratta quale dimostrazione della prospettiva di stabilità, concorrono a determinare l’illegittimità costituzionale della previsione in esame, in quanto fonte di discriminazione di tutti coloro che – siano essi cittadini italiani, cittadini di altri Stati UE o cittadini extracomunitari – risiedono in Abruzzo da meno di dieci anni rispetto ai residenti da almeno dieci anni”.

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