Pescara. Un impressionante bombardamento tra il 31 agosto e il 14 settembre del 1943 causò un’autentica carneficina. Ben 341 bombe furono sganciate su una città inerme, nell’ora di punta, quando la stazione ferroviaria era affollata di operai e passeggeri. Questa mattina il vicesindaco Berardino Fiorilli alle 10 in punto, con il Presidente del Consiglio comunale Licio Di Biase, si è recato sul muro della vecchia stazione, in corso Vittorio Emanuele e, con il picchetto in alta uniforme della Polizia municipale, ha deposto una corona d’alloro nei pressi della lapide che ricorda il bombardamento, accanto alla targa sistemata nel 2001 in occasione del conferimento della Medaglia d’Oro al Merito civile da parte del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi.
“Tra il 31 agosto e il 14 settembre del ’43 Pescara e i suoi luoghi simbolo vennero praticamente distrutti nel corso di due devastanti attacchi aerei – ha ricordato il vicesindaco – i libri ci raccontano che gli alleati nella loro avanzata verso nord erano già giunti a Termoli e contavano ormai di arrivare entro Natale a Pescara; ma c’era l’ostacolo della Linea Gustav, l’imponente linea difensiva voluta da Hitler. Il bombardamento fu deciso dagli alleati per colpire in modo decisivo gli assi di rifornimento dell’esercito tedesco che si avvaleva proprio della linea ferroviaria. Ma dalla storia si passa poi alla scoperta di quell’umanità che venne lacerata sotto la pioggia delle bombe sganciate una prima volta alle 13.20 del 31 agosto, all’ora di pranzo, una giornata calda e piena di sole, quando la spiaggia era ancora affollata di persone. I bombardieri B-24 dell’aeronautica militare americana giunsero dal mare e sganciarono il loro carico contro il centro cittadino, sferrando un attacco devastante e radendo al suolo le aree comprese tra via Nicola Fabrizi e via Firenze, distruggendo il Palazzo del Governo, che ospitava il presidio militare, e le aree limitrofe alla stazione che però, paradossalmente, non venne colpita. Il 14 settembre ci fu poi il secondo attacco, questa volta mirato alla stazione, una carneficina perché le bombe vennero sganciate quando la stazione era gremita di persone, lavoratori e passeggeri, un attacco tra l’altro inatteso dopo l’armistizio dell’8 settembre. Ancora una volta gli aerei arrivarono dal mare disegnando una sorta di croce sulla città che fu colpita di nuovo pesantemente. I morti furono tra i 600 e i 2mila, e ancora vennero colpiti lo scalo centrale, l’intera linea ferroviaria e le aree limitrofe, in particolare le zone di corso Vittorio Emanuele e via Firenze, ma anche Porta Nuova subì danni enormi, lasciando indenni solo la nuova San Cetteo e la casa natale del poeta Gabriele D’Annunzio”.
Il bilancio tracciato dal Genio Civile parla di 1.265 edifici colpiti, 1.335 quelli gravemente danneggiati e 2.150 quelli con lievi lesioni, una ferita incancellabile che ha segnato per sempre un’intera generazione.
Forza Nuova chiede l’intitolazione della piazza ai caduti. “A distanza di 67 anni, a ricordo di quei tragici giorni, l’unica eredità che la città conserva è un muro. Tutte le amministrazioni – ha spiegato Marco Forconi – che si sono succedute nel corso dei decenni, dalla Liberazione ad oggi, non hanno mai avuto il coraggio di intitolare una piazza ai caduti. In particolare, anziché denominare la piazza antistante all’Icra piazza della Repubblica, avrebbe avuto più senso intitolarla, per una questione di rispetto, ai caduti dei bombardamenti. Invece no, nemmeno un’opera monumentale adeguata, solo un muro sporco e sbriciolato e una targa. Certo, in un periodo di grave crisi economica e sociale come quella odierna, occuparsi di un evento storico può risultare quanto meno pretestuoso. Ci dispiace, ma il ricordo non si cancella”.