Droga e telefoni nel carcere di Pescara: interdetto un agente penitenziario

Pescara. Un agente della polizia penitenziaria in servizio nel carcere San Donato di Pescara è stato colpito da misura interdittiva della durata di un anno, con l’accusa di aver introdotto telefoni e droga nel penitenziario in cambio di denaro.

L’ordinanza applicativa della misura interdittiva è stata eseguita ieri pomeriggio dalla Squadra mobile della polizia, al termine di una complessa e articolata attività d’indagine, svolta all’interno della casa circondariale.

Il Gip del tribunale, Nicola Colantonio, ha emesso il 14 marzo l’ordinanza applicativa della misura cautelare personale interdittiva. L’attività di polizia giudiziaria dalle numerose segnalazioni pervenute sia al direttore che al personale in servizio nella casa circondariale, riguardanti un illecito ingresso all’interno dell’Istituto di pena di sostanze stupefacenti e apparecchi cellulari. Materiale che sarebbe stato fatto pervenire tramite un assistente capo durante l’espletamento del proprio servizio.

All’esito dell’attività d’indagine svolta dalla sezione antidroga della squadra mobile, in stretta collaborazione con il personale della polizia penitenziaria, il Pm Anna Benigni ha richiesto a carico dell’indagato, la misura cautelare degli arresti domiciliari. Il Gip, ritenendo che la misura interdittiva dalle proprie funzioni, potesse essere sufficiente per scongiurare la realizzazione di ulteriori condotte delittuose, applicava nei riguardi dell’assistente capo, la misura cautelare interdittiva del divieto di svolgere il pubblico servizio nella casa circondariale.

L’agente risulta indagato in quanto in più occasioni delittuose nell’arco temporale compreso tra aprile e giugno 2022, nell’esercizio delle proprie funzioni e in qualità di assistente capo della polizia penitenziaria, si sarebbe reso responsabile dei reati di cui agli articoli 319 e 357 del codice penale, poiché compiendo atti contrari ai suoi doveri d’ufficio, che sarebbero consistiti nel consegnare in un’occasione a un detenuto uno smartphone, ricevendo la somma di 400 euro; in altra occasione avrebbe ricevuto da una donna imparentata con un detenuto nel carcere 200 grammi di hashish e 20 grammi di cocaina, consegnandoli poi all’interessato, ricevendo come compenso 2,5 grammi di cocaina di cui l’assistente capo della polizia penitenziaria risulterebbe essere assuntore; in altra occasione sempre per gli stessi reati, compiendo atti contrari ai suoi doveri d’ufficio, avrebbe ricevuto dalla stessa donna 196 grammi di hashish e 18,8 grammi di cocaina, consegnandoli successivamente al detenuto e ricevendo quale compenso 2 grammi di cocaina.

SAPPE: “IN PRIMA FILA CONTRO LE MELE MARCE”

“E’ un dovere tutelare l’istituzione penitenziaria e le donne e gli uomini del Corpo di Polizia Penitenziaria in servizio nella Casa circondariale di Pescara alla luce della misura cautelare personale interdittiva a cui è stato sottoposto un Assistente Capo accusato di avere introdotto droga e telefonini nel carcere San Donato”:  lo evidenzia Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE, la prima e più rappresentativa Organizzazione dei Baschi Azzurri.

“Nell’assoluta convinzione dei capisaldi giuridici della presunzione d’innocenza e del carattere personale della responsabilità penale, che vale per tutti, se gli indizi saranno confermati il responsabile che avrebbe favorito traffici illeciti ai detenuti subirà le giuste conseguenze sia sotto il profilo penale e disciplinare perchè ha tradito lo Stato e la fiducia di tutti i colleghi. La Polizia Penitenziaria è in prima linea per eliminare le mele marce”, aggiunge.

“È inutile nascondere la grande amarezza che questo grave fatto ha determinato tra i colleghi di Pescara e dell’Abruzzo. Ma il Corpo di Polizia penitenziaria è una Istituzione sana. E’ del tutto evidente che rendersi responsabili di comportamenti che sono non solo contrari alla nostra etica professionale ma addirittura illegali perchè violano le norme penali è assolutamente ingiustificabile, tanto più se a porli in essere è chi svolge la delicata professione di poliziotto penitenziario, conclude Capece.

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