Pettorano, padre e figlio morti nell’incidente: al via il processo

Guidava tra i 30 e i 40 chilometri orari oltre il limite, con un tasso alcolemico quasi 5 volte superiore al consentito e causa esclusiva dell’incidente è la totale invasione della corsia opposta.

 

Agghiacciante il quadro che emerge dalla relazione disposta dal Pubblico Ministero dott.ssa Aura Scarsella e affidata all’ingegner Matteo Nicci, volta alla ricostruzione della dinamica del sinistro costato le vite di Francesco e Antonio Sciullo, padre e figlio di 88 e 59 anni di Pescocostanzo. C.S., il 48enne di Pettorano sul Gizio alla guida del Suv che ha causato la tragedia è imputato per omicidio stradale aggravato da un grave stato di ebrezza, ma stamattina all’udienza preliminare davanti al GUP del Tribunale di Sulmona, dott. Marco Billi, il difensore ha chiesto un rinvio per legittimo impedimento adducendo un problema di salute. L’udienza è stata così rinviata a gennaio.

 

I familiari della vittima sono assistiti da Giesse, gruppo specializzato in materia di risarcimento danni e responsabilità civile con sede anche a Montesilvano. Indivisibili. Francesco e Antonio erano molto uniti, tanto che papà Francesco, dopo la morte della moglie, viveva da molti anni con Antonio e la sua famiglia. Il loro rapporto si era rafforzato ancor di più e trascorrevano insieme le giornate tra Sulmona e Pescocostanzo dove Francesco rivedeva spesso gli amici pensionati a cui era molto legato. Antonio era una persona solare, allegra e schietta. Lavorava allo stabilimento Magneti Marelli ed era benvoluto da tutti i colleghi per il fatto di essere onesto e rispettoso del lavoro, sempre preciso e puntuale; era sposato con Pamela da molti anni e con lei aveva costruito una famiglia solida e ricca di valori che si impegnava costantemente a trasmettere ai tanto amati figli, Francesco, chiamato come il nonno, e Gianna.

 

Francesco, infatti, era anche un nonno straordinario legatissimo ai nipoti che ha visto crescere e dei quali parlava sempre con grandissimo orgoglio. La tragedia. Antonio e Francesco erano insieme anche la sera del 7 dicembre 2019. Attorno alle 20.30 stavano percorrendo la Statale 17 nel comune di Pettorano sul Gizio a bordo della Fiat Punto condotta da Antonio, con Francesco seduto accanto a lui sul sedile del passeggero. Viaggiavano in direzione Castel di Sangro – Sulmona a una velocità, calcolata dal perito della Procura, sicuramente inferiore ai limiti. C.S. con la sua Jeep Cherokee è giunto in direzione opposta ad una velocità stimata invece dal consulente tecnico del PM tra i 100 e i 110 km/h, senza rispettare il limite massimo imposto in quel tratto di strada che è di 70 km/h. Francesco ed Antonio si sono visti purtroppo materializzare il Suv davanti, all’improvviso. C’è stato a quel punto un disperato tentativo di deviare il più possibile verso il limite destro della carreggiata, ma invano: il terribile scontro frontale ormai era inevitabile e Francesco e Antonio sono morti purtroppo sul colpo, per la gravità delle lesioni riportate. I successivi esami del sangue eseguiti su C.S. hanno evidenziato uno stato di ebrezza con valori elevatissimi: 2,49 g/l, cinque volte superiore al limite consentito. Il prelievo, peraltro, è stato possibile soltanto a distanza di oltre due ore dall’incidente. Nella relazione del consulente Ing. Nicci emerge inoltre che C.S. viaggiava con uno stato di manutenzione degli pneumatici inferiore al limite previsto per legge. Nelle conclusioni della perizia il consulente evidenzia che “non sono emersi elementi per attribuire la perdita di controllo a sconsiderate manovre di terzi, non sono state rilevate prove di attraversamento improvviso di animali, non sono stati rilevati neppure danni di natura meccanica. Si evidenzia come lo scoppio dello pneumatico anteriore sinistro è sicuramente successivo all’urto, diversamente si sarebbero rilevate tracce di strisciamento/lacerazione dello pneumatico e/o danneggiamento evidente del cerchio ruota”.

 

Nei primi momenti dopo l’incidente era stata invece fatto un ingiusto riferimento al possibile scoppio di uno degli pneumatici, fatto dunque escluso dal CT del PM, che ha inoltre evidenziato come sia Antonio che Francesco al momento dell’incidente indossassero regolarmente le cinture di sicurezza. Alla luce di tutti gli elementi esaminati, “la causa esclusiva della determinazione dell’evento va ricercata nell’invasione di corsia da parte del guidatore del veicolo Jeep Cherokee, probabilmente provocata da cause dovute a condotta di guida sbagliata, con velocità eccessiva compresa tra 100 e 110km/h in tratto di strada con limite di 70 km/h e alterazione dello stato psicofisico del conducente” conclude l’ing. Nicci. Da qui la richiesta di rinvio a giudizio del PM Aura Scarsella.

 

La tragedia ha sconvolto l’intera comunità di Pescocostanzo e Sulmona dove Francesco ed Antonio erano conosciuti e molto benvoluti da tutti. La loro perdita lascia un immenso vuoto per la moglie Pamela, i figli Francesco e Gianna ed i parenti tutti. “Si tratta dell’ennesimo incidente provocato da chi, in totale spregio e disprezzo delle regole, ha purtroppo causato la tragica uccisione di due innocenti – commentano Gianni Di Marcoberardino e Mario Ricci di Giesse Montesilvano – I familiari delle vittime hanno forte e piena e fiducia nella Giustizia: si aspettano una pena esemplare che possa quantomeno servire da monito, affinché altre famiglie non debbano mai vivere la loro stessa tragedia”.

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