Juan Carrito, la posizione del Parco Nazionale

Castel di Sangro. La sera di lunedì scorso, come è noto, Carrito è stato investito e ucciso da un’auto in transito sulla statale 17 nei pressi dello svicolo del cimitero di Castel di Sangro. Un pensiero va ai ragazzi che erano sull’auto e si sono trovati Carrito nel mezzo della carreggiata senza poter evitare l’impatto, perché lui è saltato dal muretto direttamente sulla statale.

 

Stanno bene, spaventati e sicuramente tristi come tutti quelli che Carrito lo hanno “conosciuto”.
La necroscopia, svolta presso l’Istituto Zooprofilattico di Isernia nel pomeriggio del martedì 24 gennaio, ha accertato che Carrito è morto per un politrauma con emorragia interna iperacuta che purtroppo non gli avrebbe dato scampo anche in caso di un intervento immediato, che in ogni caso nessuno sarebbe stato in grado di assicurare perché non esiste un pronto intervento veterinario. Nei suoi 45 minuti di agonia al bordo di una strada, che aveva attraversato decine di volte, forse avrebbe meritato solo un po’ più di privacy, perché anche questo è bene sottolinearlo, è vissuto sotto i riflettori dalla nascita e non gli è stato concesso rispetto neanche in punto di morte.

Carrito è morto da orso libero, quello per cui ci siamo battuti strenuamente fin da quando aveva iniziato a manifestare i suoi comportamenti sopra le righe nella Valle del Giovenco poco dopo essersi separato dal suo nucleo familiare con mamma Amarena e i suoi 3 fratelli. Un piccolo ma importante inciso per tutti coloro che in queste ore si sono affannati a spargere notizie false. Amarena, la mamma di Carrito, è viva e vegeta.
Carrito è morto per un incidente stradale lungo un’arteria, la SS 17, che prima di lui, negli ultimi anni, aveva già ucciso altri 2 orsi nel tratto tra Castel Di Sangro e Roccaraso e aveva registrato l’investimento, per fortuna senza conseguenze di altri 2 individui. Nessuno di quegli orsi aveva il comportamento confidente di Carrito. A dimostrazione che Carrito non è morto perché era Carrito, ma perché, come tutti gli altri orsi era libero di muoversi sul territorio.

La SS 17, oltre ad essere una barriera fisica per la fauna selvatica è diventata, negli anni, una specie di strada della morte per gli orsi. Per questo motivo il Parco ha avviato un progetto per migliorare le condizioni di sicurezza e educare i guidatori a moderare la velocità, nonostante la statale sia fuori dai confini del Parco.
Grazie al Progetto Life Safe Crossing e in collaborazione con Salviamo l’Orso e il WWF è stato realizzato il primo lotto per la messa in sicurezza, con una recinzione metallica di 1100 metri per invitare la fauna ad utilizzare i sovrappassi e i sottopassi esistenti. Purtroppo, su quella strada ci sono molti tratti da mettere in sicurezza e anche complessi perché ci sono strade e abitazioni. Carrito è saltato in mezzo alla carreggiata sebbene il sottopasso fosse a soli 10 metri.

Carrito, purtroppo lo abbiamo perso, ma quello che invece non dobbiamo perdere è la lezione che ci deve venire da questa storia. Carrito è il testimone della nostra incapacità di riconoscere che non siamo i padroni della terra e che per coesistere con le altre specie bisogna conoscere, perché dalla conoscenza viene la consapevolezza delle scelte e la responsabilità delle stesse, piccole e grandi. Ma tutto questo bisogna prima di tutto volerlo, rinunciando, se serve, al nostro egoismo. Bisogna avere il coraggio di fare scelte, spesso impopolari, ma che alla lunga premiano. Noi, nel sistema che si è fatto carico di gestire Carrito in questi anni, la nostra responsabilità di scelte apparentemente impopolari, la dissuasione, la continua richiesta di non alimentare Carrito con cibo facile e gestire meglio i rifiuti, gli appelli a non farlo diventare un trofeo da social, ce la siamo presa, insieme ai rischi di possibili incidenti con le persone e gli indennizzi alle attività economiche. È anche grazie a queste scelte se Carrito aveva recuperato una “normalità” che gli ha permesso di girare libero per il territorio invece di finire rinchiuso in una gabbia, dove di sicuro non avrebbe rischiato l’investimento, ma non sarebbe mai più stato Carrito, simbolo di libertà e di coesistenza possibile.

 

Sono molto provato da questo evento drammatico così come tutto il personale del Parco – ha affermato Giovanni Cannata – e ci rammarichiamo di tutte le polemiche sterili di questi giorni. In questi anni il Parco ha garantito ogni sforzo possibile, soprattutto fuori dai suoi confini, per monitorare gli orsi, per garantire ai cittadini indennizzi e misure di prevenzione e supportare tutte le Istituzioni e Associazioni affinché si lavorasse insieme per la conservazione di una specie unica al mondo. Ringrazio tutti coloro che si sono adoperati per la tutela di Carrito e i cittadini che in maniera silenziosa e proattiva hanno creduto nella nostra battaglia.

Juan Carrito è stato un amico di tutti i cittadini – ha affermato il Presidente della Comunità del Parco – Antonio Di Santo – ed ognuno di noi ha sperato che potesse farcela a restare libero, con addosso quella libertà che lui tanto amava e che la rete di cittadini ed Istituzioni ha provato a proteggere.
Spero che Carrito possa insegnare a tutti quanto sia importante considerare gli animali selvatici con rispetto e non come fenomeni da baraccone. Carrito merita questo, per quello che è stato e per quello che rappresenterà da oggi in poi: un ambasciatore di quel mondo selvaggio che è costretto a vivere con noi umani e a cui ognuno di noi dovrà imparare a rapportarsi con il dovuto rispetto e la dovuta responsabilità.
Vogliamo chiudere con delle parole bellissime prese a prestito da uno stupendo post del Sig. Ciaglia, di Collarmele
“Forse Juan Carrito è nato per indurci a conoscere la più estrema manifestazione dell’alterità. E, probabilmente, ad annullarla. Perché la sua instancabile mobilità è anche la nostra. Che la sua curiosità sia un invito all’erranza collettiva verso una sensibilità ambientale dilagante….”
Grazie Carrito. Sarai sempre nei nostri cuori.

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