I Comuni di Rapino, Pretoro, Fara F.Petri, Casacanditella e San Martino ragionano sulla fusione

Rapino. I Comuni di Rapino, Pretoro, Fara F. Petri, Casacanditella e San Martino Sulla Marrucina hanno dato vita ad un tavolo permanente per ragionare sulla possibilità di un nuovo modello di governance locale, che possa prevedere una fusione tra gli enti e la nascita di un comune unico di oltre 6.000 abitanti nella alta Val di Foro, “cercando di governare il cambiamento – come dice Rocco Micucci il Sindaco di Rapino e vicepresente di Anci Abruzzo – anziché subirlo”.

 La necessità che ha portato i primi cittadini di Pretoro Sabrina Simone, di Fara F. Petri Camillo D’Onofrio, di Casacanditella Giuseppe D’Angelo, di San Martino Sulla Marrucina Luciano Giammarino edi Rapino appunto Rocco Micucci, ad aprire una riflessione seria sul futuro dei loro comuni nasce dalla consapevolezza che la situazione dei piccoli Comuni è oggi ben difficile e sempre di più lo sarà in futuro. Processi di riorganizzazione, ottimizzazione, aggregazione, consorziamento o altre forme, diventeranno da una parte indispensabili, dall’altra obbligati. I tentativi di imporre infatti aggregazioni “costrette” sono sempre più palesi. Il riferimento è ad una proposta di legge depositata in Parlamento per la aggregazione “forzata” e quindi la soppressione dei comuni che non arrivano 5.000 abitanti. Ma anche alla recentissima legge approvata dalla Regione Abruzzo che incentiva con importanti risorse le fusioni dei piccoli comuni.

 I Sindaci, al di là delle spinte e degli orientamenti legislativi, vogliono provare a valorizzare la contiguità dei loro paesi e la omogeneità delle loro comunità , riflettendo su tutti gli scenari possibili. In particolare vogliono provare ad immaginare una forma associativa più idonea, più innovativa e veramente incisiva, valutando e ponderando tutti gli aspetti di un percorso per modernizzare la governance di quel territorio “unico” che rappresentano, in termini di ottimizzazione delle risorse e di capacità di rispondere ai bisogni dei cittadini.

 “Il progetto di fusione, un tabùin epoche passate quando i campanili venivano prima di tutto e periodi di vacche grasse lo consentivano, – aggiungono all’unisono i Sindaci – crediamo possa essere valutato con serenità da amministratori che vivono l’esperienza attuale e guardano oltre il quotidiano, sapendo bene che i tempi correnti non consentono più l’autonomia ad ogni costo. Sono da tempo finiti gli anni in cui fare l’amministratore comunale voleva dire tagliare nastri e fare inaugurazioni. Oggi, purtroppo, gli unici tagli che ci possiamo permettere sono quelli alla spesa, decidendo quali servizi od interventi ridimensionare o tagliare del tutto. I limiti della fiscalità locale non permettono più di erogare neanche i servizi essenziali.”

 I vantaggi sarebbero indubbi: nuove risorse aggiuntive per oltre 10 milioni di euro per i prossimi dieci anni che potrebbero essere utilizzati per favorire la permanenze dei cittadini in questi territori afflitti da spopolamento, possibilità di operare senza i vincoli del patto di stabilità per 5 anni, ripartizione funzionale di dipendenti e mezzi, servizi omogenei per tutti sono solo i più evidenti. Naturalmente bisognerà avviare un processo di condivisione culturale nei confronti dei cittadini, dopo una fase di studio sulla fattibilità di una unica organizzazione, per permettere poi alle comunità di scegliere attraverso una consultazione referendaria.

 Un percorso lungo e non facile che però i primi cittadini stanno responsabilmente valutando, iniziando subito con il coinvolgere i rispettivi consigli comunali e con l’organizzazione di un primo convegno per riportare le esperienze già realizzate in altre parti d’Italia. Se sono rose, fioriranno.

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