Di Vincenzo su fusione Camere di Commercio di Chieti e Pescara

Francavilla al Mare. In questi giorni si sta sollevando una polemica giornalistica sulla fusione tra le Camere di Commercio di Chieti e Pescara sulla base di un presunto debito fuori bilancio che metterebbe a rischio i conti della Camera di Commercio di Pescara, a danno quindi di quella di Chieti che secondo queste voci si troverebbe a gestire la fusione con un patrimonio inferiore al previsto.
Se questo fosse vero sarei il primo a voler discutere della fusione su basi diverse, ma, fino a prova contraria, ritengo valido il bilancio approvato dall’assemblea della CCIAA di Pescara che è costituita come la nostra da imprenditori, che appartengono alle nostre stesse Associazioni e che viene validato da un Collegio dei Revisori dei Conti che è a sua volta presieduto da un dirigente del Ministero dell’Economia e Finanza.

Ciò detto, di fronte ad un così importante dubbio paventato, il Consiglio Camerale di Chieti, con parere unanime, ha deciso di costituire una commissione composta dalle due strutture camerali che in reciprocità faccia la verifica dei bilanci. E’ questo il modo costruttivo con cui mi piace affrontare i problemi.

Quando alcuni mesi fa ho fatto la scelta di candidarmi a Presidente della Camera di Commercio di Chieti, ho proposto di mettere come primo punto del programma la fusione perché, al di là del non banale obbligo di legge di farlo, ho condiviso con i miei consiglieri l’idea di dare forza con la fusione alla nostra provincia, proponendo e realizzando una serie di progetti che costituiscano la opportunità di futuro.

La forza industriale di Chieti, la storia del suo capoluogo, l’attrattività della costa dei Trabocchi, unite alla capacità magnetica della Città di Pescara sono gli elementi che costituiscono una realtà in grado di competere a livello nazionale. Il progetto camerale Chieti Pescara, con sede in Chieti ha questo ambizioso obiettivo. E su questo obiettivo voglio confrontarmi e scontrarmi. Le polemiche che nascono su interessi personali le trovo dannose e figlie dell’Italia che tutti diciamo di rifiutare, fatta di ritardi nelle scelte, di lentezze, di mancanza di futuro.

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