Materia oscura: i nuovi risultati dell’esperimento XENON1T

L’esperimento XENON1T, per la ricerca diretta di materia oscura ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso (LNGS) dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), ha presentato oggi, 28 maggio, i suoi nuovi risultati.

 

“I dati osservati dall’esperimento – spiega Elena Aprile professoressa della Columbia University che è a capo della collaborazione XENON – sono in accordo con le previsioni del piccolo fondo atteso, vale a dire quegli eventi simili a un’interazione di particelle di materia oscura ma dovuti invece a particelle di natura nota, che dobbiamo essere in grado di riconoscere”.

“Questo risultato – prosegue Aprile – permette di fissare un nuovo limite, più stringente, alle possibili interazioni con la materia ordinaria per le WIMP, la classe di candidati di particelle di materia oscura che ricerchiamo con il nostro esperimento”.

“Il risultato si basa su una quantità di dati pari a 1 tonnellata per anno, una esposizione mai raggiunta in precedenza”, sottolinea Marco Selvi, responsabile nazionale INFN dell’esperimento. “XENON1T ha raggiunto così una sensibilità circa quattro ordini di grandezza migliore di quella ottenuta con XENON10, il primo dei rivelatori del progetto XENON, che aveva iniziato la sua attività ai LNGS nel 2005”. “Aumentando la massa del bersaglio dai 5 kg iniziali fino agli attuali 1300 kg, e contemporaneamente diminuendo il fondo di un fattore 5000, la collaborazione XENON si conferma alla frontiera della ricerca diretta di materia oscura”, conclude Selvi.

“Esplorando sempre meglio lo spazio dei parametri ammessi per le WIMP – aggiunge Elena Aprile – l’esperimento si afferma come il rivelatore più grande e sensibile al mondo per la ricerca diretta di materia oscura”. “Per ottenere questi bellissimi risultati – aggiunge Marco Selvi – è stato fondamentale poter operare nel “nostro” laboratorio sotterraneo, il più importante al mondo, e poter contare sull’esperienza e la competenza del personale dei LNGS”.

 

La materia oscura

Oggi noi sappiamo di che cosa è fatto poco meno di un quinto della materia presente nel nostro universo. Della restante parte siamo in grado di dire solamente che è costituita da un altro tipo di materia, diversa da quella ordinaria di cui è composto tutto ciò che conosciamo, e che chiamiamo materia oscura, perché non emette o assorbe nessun tipo di radiazione osservabile con i nostri strumenti. Nonostante finora sia rimasta completamente invisibile, sappiamo però che esiste perché osserviamo gli effetti gravitazionali che essa esercita sulla materia ordinaria. Negli anni sono state formulate varie teorie sulla sua natura. Alcune di queste ipotizzano che le particelle di materia oscura possano essere le cosiddette WIMP, Weakly Interacting Massive Particles, particelle massive che interagiscono debolmente.

 

Le WIMP

Sono una classe di particelle che potrebbero comporre la materia oscura, e sono ricercate “disperatamente” da molti esperimenti: dall’acceleratore LHC del CERN, a rivelatori a terra, in laboratori sotterranei come i LNGS, o in orbita nello spazio o a bordo della Stazione Spaziale Internazionale. Anche se ci si attende un flusso di un miliardo di WIMP per secondo in un’area di un metro quadrato, queste particelle sono comunque estremamente difficili da rivelare. I risultati di XENON1T mostrano che, se le WIMP davvero compongono la materia oscura della nostra galassia, la loro interazione è così debole che anche il rivelatore più grande realizzato fino ad ora non riesce a osservarle direttamente.

 

La tecnologia di XENON1T

Si basa su una camera a proiezione temporale a xenon liquido: è un rivelatore cilindrico, di circa un metro di diametro e altezza, riempito di xenon liquido alla temperatura di -95 °C, con una densità tre volte maggiore di quella dell’acqua. In XENON1T la prova della interazione di una WIMP con un nucleo di xenon è data da un debole lampo di luce di scintillazione accompagnato da una “manciata” di elettroni, i quali a loro volta sono convertiti in un lampo di luce. Entrambi i segnali luminosi sono registrati grazie a fotosensori ultrasensibili, ottenendo l’informazione sulla posizione 3D e l’energia evento per evento.

Nello sviluppo di questo particolare tipo di rivelatori per la ricerca del raro segnale da WIMP è necessario superare molte sfide sperimentali. Prima e più rilevante è la riduzione del fondo proveniente da diverse sorgenti, dalla radioattività dei materiali fino ai raggi cosmici. Oggigiorno XENON1T è il più grande rivelatore per la ricerca di materia oscura, e presenta il più basso fondo mai ottenuto, conteggiando solamente 630 eventi in una tonnellata di xenon in un anno, nella regione di bassa energia tipica delle WIMP.

I risultati della ricerca, sottomessi alla rivista Physics Review Letters, provengono da un bersaglio di 1300 kg (dei 2000 kg totali attivi) e 279 giorni di acquisizione dati: per la prima volta un rivelatore a liquidi nobili ottiene una esposizione di 1 tonnellata per anno.

Ci si attendono solamente due eventi dal fondo nel volume più interno, la regione più pura del rivelatore, ma non ne è stato osservato nessuno, permettendo così di ottenere il miglior limite per le WIMP di massa superiore a 6 GeV/c2. XENON1T continua ad acquisire dati di alta qualità, e la ricerca proseguirà fino a che il rivelatore sarà migliorato con uno analogo di dimensioni maggiori, sviluppato sempre dalla collaborazione XENON. Con un incremento in massa di un fattore quattro, e un’ulteriore riduzione del fondo di un ordine di grandezza, XENONnT sarà pronto nel 2019 per iniziare una nuova esplorazione della materia oscura, con un livello di sensibilità che nessuno poteva immaginare quando il progetto è iniziato ai LNGS nel 2002.

 

Il contributo italiano

I gruppi INFN, coordinati da Marco Selvi, della sezione INFN di Bologna, e guidati da Gabriella Sartorelli (Università e Sezione INFN di Bologna), Walter Fulgione (LNGS) e Giancarlo Trinchero (Sezione INFN di Torino), fanno parte del progetto XENON1T fin dal suo inizio, nel 2009. Sono responsabili del progetto, costruzione e funzionamento del sistema di veto di muoni, all’interno dello schermo di acqua, che è cruciale per la riduzione dei fondi ambientali e di quelli dovuti alla radiazione cosmica residua.

 

Hanno progettato e realizzato le varie infrastrutture presso i LNGS, e guidano il gruppo di simulazione Monte Carlo per la predizione e ottimizzazione delle prestazioni del rivelatore, e per il calcolo delle varie sorgenti di fondo. Sono anche coinvolti in diversi aspetti dell’analisi dati che ha portato a questi nuovi risultati di XENON1T. Con l’aggiunta dei gruppi delle sezioni INFN di Napoli e Ferrara, guidati rispettivamente da Michele Iacovacci (Università Federico II e Sezione INFN di Napoli) e Guido Zavattini (Università e Sezione INFN di Ferrara), i gruppi italiani sono coinvolti anche nella futura estensione del progetto, con il rivelatore XENONnT. In particolare, sono responsabili della simulazione Monte Carlo e della progettazione e realizzazione di un nuovo rivelatore di veto per i neutroni. Partecipano, inoltre, alla purificazione del bersaglio di xenon, e alla realizzazione della infrastruttura di calcolo dell’esperimento.

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