Il chitarrista e cofondatore dei Rockets, Alain Maratrat, si è spento ieri all’età di 69 anni. Figura centrale del gruppo, ha contribuito a definirne lo stile visionario
Non c’è alcun dubbio che i Rockets abbiano rappresentato per molti anni un modello musicale magari clamoroso e ostentato ancora più che glam, ma di notevole successo. Soprattutto nel nostro paese.

Paradossale il fatto che la band, di origine francese e nata nei club parigini della banlieue non lontano dalla Sorbona, abbia venduto molto di più qui da noi che in qualsiasi altro paese, Francia inclusa. Tanto da ritagliarsi uno spazio anche in questi ultimi anni in termini di spettacoli e concerti. A Capodanno hanno suonato in piazza a Foligno in diretta sulla RAI: poi una dozzina di concerti, quasi tutti sold out ancora fino a poche settimane fa per lanciare il loro ultimo album, pubblicato sei mesi fa.
Oggi i Rockets piangono un altro lutto dopo quello di Christian Le Bartz, fondatore e inconfondibile prima voce solista del gruppo, deceduto lo scorso 4 febbraio. Ad andarsene è un altro fondatore, il chitarrista Alain Maratrat, morto dopo una lunga battaglia contro un tumore.
Rockets, la morte di Alain Maratrat
La notizia della morte di Maratrat, avvenuta ieri all’alba, è stata diffusa proprio dalla pagina ufficiale dei Rockets, band pioniera dello space rock ormai di base in Italia con cui il chitarrista ha collaborato ancora nell’ultimo disco dopo molti anni di attività individuale. La malattia non gli aveva impedito di prendere parte all’ultimo album dei Rockets, che aveva abbandonato ufficialmente nel 1992, dopo una prima reunion.
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Da allora la nuova formazione, composta da Fabrice Quagliotti, tastierista, entrato nella band nel 1977 dopo che Maratrat e Le Bartz avevano già pubblicato l’eponimo disco d’esordio Rockets nel 1976, ha pubblicato sei album che pagano, come i loro live, un notevole tributo ai suoni estremamente sperimentali degli esordi.
L’addio dei Rockets al proprio fondatore
La band lo ha salutato con un post sobrio e commosso, in linea con lo stile essenziale e al tempo stesso evocativo che da sempre accompagna l’universo dei Rockets. Maratrat aveva firmato un ultimo, potente, assolo nel singolo Cosmic Castaway, uno dei momenti più intensi dell’album The Final Frontier.
Alain Maratrat, l’anima chitarristica dei Rockets
Nato artisticamente nei primi anni ’70, Alain Maratrat è stato la colonna creativa portante della band. Ma il suo ruolo non si limitava all’esecuzione strumentale: era anche compositore, ideatore sonoro, architetto di quelle atmosfere siderali che hanno reso unica l’esperienza del gruppo.
Studioso di tecniche teatrali aveva dato contributi importanti ai primi video della band, che ebbero un enorme successo anche per via del look eccentrico della band, i cui componenti si presentavano travestita come marziani in esplorazioni. Teste rasate e argentate, tute spaziali, lunghi mantelli dorate, stivali di pelle lucida e un massiccio uso tecnologico, strumenti in qualche caso completamente inventati…
“Ci siamo inventati un linguaggio, un mondo alternativo e suoni per i quali abbiamo dovuto sperimentare molto. Acquistavamo mezzi evolutissimi e le case ce li affidavano sperando che fossimo noi a sfruttarli al massimo, anche solo per scrivere il libretto di istruzioni” aveva raccontato Maratrat in una bella intervista nel 2003.

L’ultimo assolo di Maratrat
Qualche mese fa era chiaro che la malattia avrebbe avuto il sopravvento. Ed è stato allora che Fabrice Quagliotti lo ha voluto di nuovo in squadra dedicandogli l’ultimo album… “Ho avuto il privilegio di condividere con lui molti anni felici e interessanti musicalmente e umanamente, Alain è un guerriero. Il suo spirito continua a volare con noi tra le stelle” scrive oggi di lui il tastierista con parole che si legano alla visione onirica e cosmica che la band ha sempre coltivato parlando di viaggi ed esplorazioni spaziali.
The Final Frontier, l’ultimo viaggio musicale dei Rockets
Il suo assolo di chitarra su Cosmic Castaway è stato salutato dai fan come un testamento artistico. Il brano, accompagnato da un videoclip in animazione ambientato nello spazio, vede i Rockets a bordo di un’astronave, in un viaggio metaforico che celebra l’amicizia e la fratellanza musicale.
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“Al mio amico Alain, affinché la forza della musica lo aiuti a combattere la sua malattia”, aveva scritto Quagliotti nelle note di copertina del disco. Una dedica sentita, che oggi risuona come un commiato simbolico.
Rockets, tra fantascienza e rock elettronico
Nati a Parigi nel 1974, i Rockets hanno rivoluzionato il panorama musicale europeo mescolando elettronica, rock, ambientazioni futuristiche e una forte componente scenografica. Con i loro volti dipinti d’argento e i costumi spaziali, i membri del gruppo si presentavano come creature extraterrestri, anticipando estetiche che solo anni dopo sarebbero diventate mainstream. Hanno influenzato moltissime band che ne hanno rievocato lo stile sonoro e di ricerca.
Il successo internazionale si è consolidato in Italia tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli ’80. Con numerosi brani come Future Woman, Space Rock, One More Mission, Electric Delight ma soprattutto con la cover dei Barrabas di On the Road Again sono diventati simboli generazionali. Galactica, tormentone del 1980, valse loro anche un Telegatto come miglior gruppo straniero.





