Pescara. L’Arta sale sulle barricate: dopo l’intervento della Procura antimafia de L’Aquila che ha bloccato sul nascere il dragaggio e che con le controanalisi del Noe, di fatto, ha smentito i lunghi controlli effettuati dall’Agenzia regionale per la tutela ambientale sui fondali del porto, il direttore generale Mario Amicone difende il suo operato e quello dei suoi tecnici, smentendo magistrati e Carabinieri: “Noi siamo affidabili, fa sorridere sentir parlare di rifiuti pericolosi”.
Schiera tutto il suo entourage Mario Amicone, direttore generale dell’Arta Abruzzo, che stamattina in conferenza stampa ha dato parola ai massimi vertici tecnici che si sono occupati delle analisi sui fondali da dragare del porto di Pescara. A spada tratta ha difeso la propria immagine e la professionalità dei suoi esperti, messi in discussione dalle indagini e dai controlli del Nucleo operativo ecologico dei Carabinieri che hanno sequestrato draga e dragaggio di quella darsena commerciale in cui sarebbero stati trovati pesticidi e Ddt. Con lui, infatti, hanno parlato oggi il direttore tecnico Luciana Di Croce, i direttori dei distretti di Chieti, L’Aquila e Pescara Edda Ruzzi, Virginia Lena e Angela Del Vecchio, e i dirigenti di Chieti e Pescara, Giovanna Mancinelli ed Emanuela Scamosci. A voce unica, il messaggio di Amicone è stato chiaro e diretto a chi “si fida a singhiozzo dell’Arta”. “Non possono chiamarci in causa”, ha detto, “per fare perizie utili a processi penali contro privati, e poi metterci in dubbio quando si tratta di enti pubblici, così com’è stato per il dragaggio del porto turistico ed è ora per il porto commerciale”.
Il paradosso, infatti, è duplice. Non solo le analisi dell’Arta, utilizzate come base per l’Ispra e per il Ministero per procedere al dragaggio, sono in conflitto con quelle eseguite dal Noe, ma i Carabinieri potrebbero aver addirittura usato gli stessi campioni prelevati dall’Arta, ma riscontrando risultati non omogenei. Un’ipotesi abbastanza fondata, ma comunque un’ipotesi, che necessita di una ricostruzione storico-procedurale, partendo dalle parole di Amicone e Di Croce.
A regolamentare controlli e dragaggi ci sono il decreto ministeriale 24/01/1996 per la movimentazione dei sedimenti marini e il decreto legislativo 152/2006 (Testo unico ambiente), supportato dal Manuale dragaggi dell’Ispra. È stato proprio l’Istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale a stilare il piano che l’Arta ha seguito per il prelievo di 54 campioni di sedimenti all’interno della darsena commerciale, quella dalla quale si stavano per scavare 72mila metri cubi, e altri 40 campioni dal porto canale, per i quali si stanno completando le analisi. E sempre secondo gli stessi parametri nazionali seguiti anche dall’Ispra, l’organismo che coordina l’intervento ministeriale, l’Arta ha fornito risultati utili ad autorizzare il dragaggio, dai quali si riscontrano valori di Ddt inferiori al limite di rilevabilità della metodica, pari a 0,1 microgrammi/chilo. “La Procura invece”, specifica la dottoressa Di Croce, “parla di rifiuti pericolosi, cosa che ci fa sorridere”. Se l’uomo della strada, invece, è spaventato dall’ipotesi di aver fatto per anni il bagno in un mare al Ddt, lo scienziato sorride confortato dai dati ad esso più comprensibili; spiega, quindi, la Di Croce: “Si parla di rifiuti quando la concentrazione di Ddt è di almeno 1 grammo per chilogrammo, ovvero un milione di volte superiore a quanto abbiamo rilevato noi. Per questo noi siamo tranquillissimi. Abbiamo anche dei campioni di riserva pronti nei nostri laboratori per le controanalisi”.
Le controanalisi sui campioni dell’Arta, invece, le hanno eseguite i laboratori (ancora ignoti) utilizzati dai Carabinieri del Noe, che a metà ottobre scorso hanno richiesto e ottenuto dall’Arta 7 dei 54 campioni prelevati; ecco il doppio paradosso, che porterebbe a pensare che sugli stessi materiali, due laboratori diversi che seguono gli stessi parametri normativi possano aver ottenuto valori sballati nell’ordine del milione. “Noi non sappiamo se il Noe ha analizzato proprio quei 7 campioni, né se quelli sono al di fuor dell’area esclusa dal dragaggio”, incalza Amicone, “sappiamo che abbiamo analizzato quei campioni nei laboratori di Pescara, Chieti e L’Aquila, e addirittura fatti analizzare dell’Arpa di Macerata, ottenendo gli stessi risultati”. Una sicurezza che porta il direttore generale alla sfrontatezza: “Siamo contenti che il Noe cominci a farsi le analisi per conto proprio, così evita di chiederle sempre a noi e ci alleggerisce la mole di lavoro”.
L’area esclusa dal dragaggio su citata, sempre secondo le procedure previste dall’Ispra, è quella più vicina alle banchine, che l’Arta ha comunque analizzato ottenendo “in tutta la darsena valori al di sotto del limite”. “Non ce lo spieghiamo”, dunque, come la Procura possa avere in mano livelli di pesticidi così elevati, i chimici dell’Arta si dicono dunque “molto dispiaciuti, ma tranquillissimi”, anche perché non direttamente e legalmente coinvolti nelle indagini. Sulle barricate ci sono saliti solo per difendere la faccia dinanzi all’opinione pubblica, alla quale tengono a precisare di aver ricontrollato gli ultimi 4 anni di esami chimici fatti sul porto e sul dragaggio, sulle acque del fiume, del sottosuolo, del mare e sui sedimenti, incrociandoli con test biologici di tossicità su tutta la costa abruzzese, ottenendo sempre e comunque lo stesso esito: “Non ci sono rifiuti pericolosi e livelli di pesticidi oltre i limiti consentiti. Se nell’acqua avessimo quantitativi considerati rifiuti, si sentirebbe anche la puzza”, conclude la dottoressa Mancinelli.
Daniele Galli