A volte basta anche un mare stretto e poco profondo come l’Adriatico a fare la differenza.
Su una delle due rive di questo mare si dà il via libera allo sfruttamento degli idrocarburi presenti in mare. La Croazia infatti ha rilasciato il bando di gara con cui affiderà i diritti di estrazione per il territorio di sua competenza. Sono oltre 40 le multinazionali di tutto il mondo che si sono fatte avanti, allettate da uno dei giacimenti ancora inesplorati più interessanti del globo. Sui 12mila chilometri quadrati di coste e di acque nazionali croate, ci sarebbero giacimenti per 3 miliardi di barili. Tanto quanto basterebbe per rendere la piccola Croazia una delle big mondiali dell’energia, capace non solo di sopperire interamente al proprio fabbisogno, ma di rilanciare l’economia croata ridotta all’osso.
Il Ministro degli Esteri croato Ivan Vrdoljar vola alto: “Una piccola Norvegia di gas a Nord e di petrolio a Sud, che può fare di noi un gigante energetico dell’Europa”.
Il modello di sviluppo economico della Norvegia, di cui avevo già trattato, è stato adottato senza particolari recriminazioni, consapevoli che i benefici economici saranno notevoli: miliardi di euro da royalties e gettito fiscale, posti di lavoro, sviluppo dell’indotto e del settore dei servizi. Un volano capace di generare una crescita vertiginosa e di portare ricchezza e sviluppo nel Paese.
A ciò si somma la recente notizia del gasdotto TAP: sembra, infatti, che il punto di approdo possa essere spostato da San Foca alle coste croate. La notizia giunge direttamente da Giampaolo Russo, amministratore delegato di Tap Italia: “Ho scoperto parlando con alcuni Paesi al di là dell’Adriatico — afferma Russo — che l’opzione croata non è un’ipotesi di scuola, ma un progetto sul quale la Croazia si vuole affermare con tempestività. Quel Paese si insinua nelle nostre debolezze: sia con licenze di esplorazione per idrocarburi dell’Adriatico, sia nella costruzione di rigassificatori, sia spingendo per la realizzazione dello Ionian Adriatic Pipeline”. In pratica un altro gasdotto che dall’Azerbaijan arrivi in Albania, risalga Montenegro e Bosnia Erzegovina e termini in Croazia. “Qui — dice Russo — avremmo un nuovo hub del gas”.
La Croazia piglia tutto.
Sull’altra riva dell’Adriatico, letteralmente a un tiro di schioppo, suona tutta un’altra musica. In Abruzzo gli ambientalisti nostrani hanno festeggiato la notizia del respingimento di un ricorso presentato da Medoilgas al Tar del Lazio. La multinazionale britannica intendeva ottenere la VIA (Valutazione d’impatto ambientale) per le operazioni relative alla piattaforma Ombrina Mare, senza dover passare dall’AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale). Il ricorso al Tar era quindi più una questione burocratica e procedurale che una valutazione nel merito, come invece è stata presentata dai blog ambientalisti e da molti dei media. Medoilgas, infatti, ha dichiarato che andranno comunque avanti nella procedura di Autorizzazione Integrata Ambientale, e che quindi il progetto Ombrina Mare non è in discussione.
Tuttavia lasciano perplessi le dichiarazioni di Gianni Chiodi, Presidente della Regione Abruzzo, soprattutto se paragonate alle frasi del Ministro degli Esteri croato: “Il giudizio del Tar a proposito del progetto Ombrina va nella stessa direzione espressa in questi anni dalla Regione Abruzzo. Ogni qualvolta ne abbiamo avuto titolo, abbiamo ribadito a chiare lettere la contrarietà a qualsiasi insediamento a largo delle nostre coste” .
Da una parte dell’Adriatico abbiamo dei politici che lavorano per far diventare il proprio Paese “una piccola Norvegia”. Dalla parte opposta, si rema apertamente contro qualunque progetto di sviluppo industriale. Per quale motivo? Ce lo dice lo stesso Chiodi: “Il nostro unico obiettivo è la tutela e la valorizzazione del nostro Abruzzo: basterebbe verificare quanti Docg, Doc, Dop, Igt ed Igp esistono nella Regione per capire in quale direzione abbiamo lavorato e vogliamo continuare a lavorare. Questi sono i fatti, il resto solo chiacchiere”.
In altre parole si punta su agricoltura e turismo eno-gastronomico. Settori importanti e culturalmente significativi, ma di nicchia, insufficienti da soli a garantire un futuro per una Regione intera.
Ma allora perché in Croazia si punta su gas e idrocarburi per rilanciare l’economia? Beh, nella piccola nazione ex-jugoslava il turismo rappresenta un quinto del PIL e cresce al ritmo del 3% annuo, come si rende conto benissimo chi frequenta le sue magnifiche coste e il suo mare azzurro e trasparente. Nel 2012 le presenze sono state 11,8 milioni: il turismo è per il Paese una forza trainante, un vero motore dell’economia. Eppure nessuno in Croazia si scandalizza se si affianca al turismo l’industria degli idrocarburi, perché c’è la consapevolezza che i due settori possono essere complementari.
E in Abruzzo cosa succede? Il rapporto della Banca d’Italia sull’economia dell’Abruzzo riporta addirittura un calo del 2,3% delle presenze nel 2012 rispetto agli anni precedenti.
Colpa delle crisi, ma anche di un’assenza di servizi che una Regione con vocazione turistica dovrebbe avere.
Ma allora perché non imparare dagli altri? Sfruttare gli idrocarburi non significa sempre e solo deturpare le spiagge, ma può anche essere una risorsa per lo sviluppo di tutta l’economia, turismo compreso.
Se l’Abruzzo iniziasse a sfruttare e valorizzare realmente tutte le proprie risorse – dal petrolio alla bellezza dei propri paesaggi – non avrebbe nulla da invidiare non solo alla Croazia, ma a qualunque altra Regione Europea.
Diego Vitali blogger Gocce di Verità