Aumento smisurato di lupi in Italia e Abruzzo: la lettera

lupoIn Valle Bormida si è infine aggiunto alla “catena” l’anello mancante che praticamente oggi unisce i branchi di lupi di provenienza alpina a quelli appenninici; soprattutto nelle zone limitrofe al cuneese (da dove la crescita dei branchi – di origini francesi – fa espandere la popolazione verso le zone “vuote” della Provincia di Savona), la presenza del lupo è sempre più registrata da avvistamenti ed anche segnalazione di uccisioni da parte di chi i lupi teme e dai quali subisce danni. Come dice una canzone, “era tutto previsto”, e chi scrive lo aveva scritto già più di dieci anni or sono; ovvero che i lupi sarebbero giunti a colmare il grande “buco” vuoto della Provincia di Savona, ma non dall’Appennino, bensì dalla Francia e quindi dal Piemonte occidentale.

 

C’è stato un tempo in cui proteggere il lupo era un dovere per tutti quanti si occupavano della conservazione della Natura, e per farlo bisogna proibire in forma assoluta la possibilità che venissero uccisi i pochi esemplari sopravissuti alle grandi stragi della prima metà del secolo scorso. “L’Operazione San Francesco” del WWF degli anni ’70 ed ’80 fu un successo; con l’entrata in vigore del decreto ministeriale che proibì in forma assoluta l’uccisione dei lupi, la specie cominciò a aumentare di numero. Oggi può sembrare assurdo, ma per proteggere il lupo bisogna cominciare a studiare un programma di abbattimenti. Una linea di condotta che stanno seguendo tutti gli Stati dove il lupo sopravvive, dall’Europa all’America; tanto che la cosa ha fatto scattare il riflesso condizionato dei naturalisti animalisti e degli anticaccia che di ridurre numericamente il lupo mediante abbattimenti di esemplari non vogliono neppure sentire parlare, essendo per loro è un tabù ed un totem lo stesso lupo. Ma le guerre di religione non hanno mai portato a nulla di buono. E questo vale anche per il lupo, ed ovunque, perché la pressione del predatore sulle popolazioni di animali domestici era ed è insostenibile per i danni che arrecano, ma anche per limitare l’azione dei lupi sulle popolazioni selvatiche di erbivori (vedasi Alaska e Stati Uniti ed anche Norvegia e Svezia). Non è un controsenso, è una questione si logica e di buon senso, perché nessuno potrà mai pagare tutti i milioni di dollari/euro di danni che i lupi arrecano agli allevatori ed alla pastorizia in genere; né gli allevatori ed i pastori possono continuare a subire i danni economici  del lupo senza che gli siano rimborsati, e che gli siano giustamente, rimborsati al 100% reale (il che significa più del valore di mercato dell’animale in sé per sé). D’altronde, negli USA solo una ventina di anni fa furono spesi milioni di dollari per operazioni di reintroduzioni del lupo (operazioni che proseguono tuttora dove la specie si è estinta). Ma oggi che l’operazione è riuscita, e senza scandalo per nessuno (se non per i soliti “lupofili”!), proprio con gli abbattimenti si provvede ad impedire che le popolazioni crescano più di quanto sia ritenuto possano essere sopportabile. E’ un discorso che vale per ogni specie animale che vive sul nostro pianeta.Gli ambientalisti italiani si stanno invece opponendo all’idea di ridurre il numero dei lupi; ma non esiste altra strada percorribile. E’ una questioni di democrazia, di giustizia sociale prima ancora che di ecologia. Ma non solo, è l’unico mondo per assicurare un futuro al Lupo, perché se i danni continuano a non essere rimborsati (e rimborsarli male e tardi è come non rimborsarli!), saranno gli allevatori ed i pastori a provvedere a quel controllo numerico sul lupo che gli ambientalisti e le autorità, scarsamente o, peggio, malamente informate, non vogliono fare: e si sa con quali modi gli allevatori ed i pastori giustamente arrabbiati agiscono e quali mezzi utilizzino per risolvere il problema! Per evitarlo, nei Paesi seri è lo Stato che se ne occupa, riconoscendo loro un diritto che è innegabile. L’ultimo esempio lo abbiano nell’Idaho (USA), dove il servizio federale per la fauna ha reso noto che dal 2011 (anno in cui il Presidente Obama ha reso possibile la riduzione del numero dei lupi) sono stati uccisi 1.301 lupi allo scopo di contenere le popolazioni. Ora il Governatore dell’Idaho sta programmando una ulteriore riduzione di capi per un totale di 150 lupi, portando gli attuali branchi da 20 a 15. Ciò vorrebbe dire assicurare la presenza nelle vaste Aree Wilderness dello Stato di 15 branchi per un totale indicativo di circa 450 esemplari. Quindi, non uno sterminio come i “lupofili” americani cercano di far credere, ma un semplice saggio controllo numerico, anche in previsione dell’esplosione riproduttiva di quei 15 branchi, che avverrà nel volgere di pochi anni.

In merito alla rapida crescita delle popolazioni di Lupo, ecco cosa, con grande esperienza sul campo e premonizione, ebbe a scrivere il famoso Capoguardia Leucio Coccia, del Parco Nazionale d’Abruzzo, nei lontani anni ’50 del secolo scorso: “… nella disperata ipotesi di trovarsi protetto, in pochi anni [il lupo] si riprodurrebbe in numero tale da costituire un vero flagello e mettere a soqquadro non solo il Parco, ma anche il territorio circostante e piano piano tutta la regione”. Quanto successo negli USA dopo la reintroduzione dell’animale in alcune località è la prova provata della giustezza di quel suo commento, che tanti riterranno privo di ogni crisma di scientificità.

In Italia il problema non è meno drammatico, anzi lo è certamente di più, non essendo in presenza di grandi aree di wilderness dove poter consentire un minino di “libero sviluppo” delle popolazioni di lupo e delle sue prede. Una stima fatta dallo scrivente nel 2010, parlava di una presenza di 4-5 mila lupi, che magari poteva sembrare esagerata, ma che non era molto lontana dalla verità (con tutti i dubbi esistenti e sempre più ritenuti validi sulla reale provenienza dei lupi alpini e sulla reale loro appartenenza alla popolazione italica – attestata da un DNA che è spesso fallace anche in casi umani, come di frequente la stampa di dice –, cosa che comincia a farsi strada anche tra gli animalisti liguri!).

Mentre nel sud Italia la presenza del lupo non ha un grande impatto sul normale sentire della gente, essendo da sempre abituata alla presenza di quest’animale, nel nord Italia dove la gente ne ha perso la memoria, la paura sta prendendo il sopravvento a mano a mano che gli avvistamenti aumentano, ed il primo pensiero non è tanto ai danni che il lupo può fare agli allevamenti di bestiame domestico, quanto alla paura fisica di veri e propri rischi di aggressioni, che nessuno può assicurare siano impossibili visto che esistono fatti e precedenti che stanno a dimostrare l’esistenza di un tale rischio, benché minimo. Ma a tutto c’è un limite… e le smentite ai tanti esperti (che ci parlano di solo 3-4 e, al massimo, 6-7 individui per branco!), più per principio che per verità, sono sempre più frequenti e ci riportano alle famose tavole della Domenica del Corriere da tutti sempre smentite ma che pure hanno sempre avuto un fondo di verità. Mentre un branco di 18 lupi che ne inseguiva uno di cinghiali fu già segnalato nella zona nord del Parco Nazionale d’Abruzzo agli inizi dell’inverno 2013 (e molti la credettero la solita boutade di FZ!), sempre più spesso giungono segnalazioni di branchi di lupi composti da oltre una decina di esemplari anche da altre parti: almeno due casi sono noti allo scrivente di 15 e 17 esemplari per il Parco Velino-Sirente, e di altri simili si parla per la zona tra la Majella ed il Parco d’Abruzzo.

In ogni modo, che le bugie abbiano le gambe corte è notorio in tutto il mondo. E difatti proprio nei giorni scorsi su molti quotidiani sono apparse paginate su di un recente studio internazionale sull’incidenza della mortalità umana a causa di animali selvatici, diffusa soprattutto dal famoso Bill Gates nel suo blog, e con grande risalto. Ecco, anche il Lupo è in quella lista, con vittime minori, ma sempre vittime del Lupo: ovvero 10 uomini all’anno, quindi smentita autorevole a quelli che da decenni in Italia vanno sostenendo l’assoluta non pericolosità del Lupo per l’uomo (una cosa, la pericolosità, che era d’altronde ovvia altrimenti non si spiegherebbero i tanti fatti documentati dalla storia, e la stessa nascita delle pur esagerate leggende in merito, ma si sa come in Italia all’ovvio ed al buon senso si preferiscono sempre le teorie fatte passare per scienza pura). Come, ad esempio, la recente teoria che in Liguria a far aumentare la predazione del lupo sugli animali domestici sia… il Cinipide del Castagno! Perché? Ovvio, per chi ci vuole credere. Il Cinipide impedisce la fruttificazione del Castagno, quindi meno castagne=meno cinghiali, meno cinghiali=più predazione del lupo sugli animali domestici. Sulla carta, una tesi apparentemente valida, se non fosse che è purtroppo solo pura teoria priva di ogni senso pratico e anche logico, quindi una cosa ridicola, visto che il lupo come tutti i predatori colpisce sempre l’anello più debole della catena alimentare, per cui tanti o pochi cinghiali che vi siano, il lupo preferisce sempre pecore, capre, cavalli, e bovini (quando non cani).

Per concludere, o si pagano i milioni di euro di danni o si riduce il numero dei lupi, stabilendo quanti branchi e quanti esemplari mantenere, possibilmente solo nelle aree più selvagge e lontane da zone agricole ed abitate. Se lo fanno negli Stati del Minnesota e del Michigan (USA) altamente abitati e coltivati, non si capisce perché non lo si possa fare anche in Italia, che è una situazione simile, ed anzi peggiore dal punto di vista della presenza umana. Non esistono altre soluzioni! E, dato che la prima scelta non è realizzabile per la mole dei danni già arrecati e per quelli prevedibili in aumento per il futuro (perché si tratterebbe di voler vuotare il mare con un secchio!), per di più in un periodo di crisi economica come quella che l’Italia sta attraversando, altra soluzione non esiste che quella di una regolamentazione che consenta l’abbattimento dei lupi, sia da parte diretta dei pastori autorizzandoli a farlo quando gli animali si avvicinano alle loro greggi, sia mediante l’intervento diretto delle autorità statali (guardaparco e guardie forestali o… incaricando i cacciatori a farlo sotto diretto controllo). Ripeto, il metodo esiste, è stato sperimentato con successo negli USA dove sono state stabilite diverse fasce di intervento (per non parlare della Francia e della Spagna, dove le autorità hanno saputo superare quel divieto europeo che da noi è un altro tabù: come se la legislazione europea fosse interpretabile a seconda della volontà nazionale!).

Non si aspetti la solita emergenza italiana prima di prendere provvedimenti! E non si rimandi ancora a studi e censimenti, che finiscono per… non finire mai e rimandare sine die ogni decisione (ovviamente lasciando che i pastori e gli allevatori continuino a pagare di tasca loro il diritto alla sopravvivenza del Lupo per il piacere di tutti noi!).

Franco Zunino                              

Segretario Generale Associazione Italiana Wilderness

 

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