Concessioni balneari: con le multinazionali prezzi più alti e rischio infiltrazioni

Abruzzo. Sull’annosa questione del rinnovo delle concessioni balneari e in attesa di una posizione del governo definitiva, continuano le polemiche.

 

La Sib Abruzzo, per bocca del presidente regionale Riccardo Padovano, ribadisce la netta contrarietà alla Bolkenstein che avrebbe riflessi negativi poi sul settore che solo in Abruzzo conta 700 imprese. “Qualcuno pensa che grazie alla Bolkestein ci saranno più spiagge libere; e che, con le gare, chiunque avrà la possibilità di gestire una spiaggia. Niente di più falso. In realtà, quella che viene giustificata come una “apertura del mercato” potrebbe nascondere il tentativo di espropriare gli attuali piccoli imprenditori per soddisfare gli interessi dei grandi apparati finanziari e delle multinazionali”.

Come noto la sentenza del Consiglio di Stato ha stoppato la proroga senza gara delle concessioni perché si legge nel dispositivo “si pone in frontale contrasto” con la direttiva europea Bolkestein e va dunque “disapplicata da qualsiasi organo dello Stato”. In questo modo dopo lo stop del Consiglio di Stato non potrà essere applicata la norma del Milleproroghe che ha prolungato le concessioni fino al 31 dicembre 2024, rispetto alla scadenza del 31 dicembre di quest’anno. Le concessioni andranno così dunque in tempi stretti messe a gara. “Il copione è ben noto: in nome delle cosiddette “liberalizzazioni” e della “concorrenza”, – spiega il presidente della Sib Abruzzo Riccardo Padovano- si rischia di far fallire migliaia di piccole imprese familiari e si svende l’ennesimo pezzo di patrimonio pubblico alle multinazionali. È quello che accadrà con la controversa applicazione della direttiva Bolkestein dell’Unione europea, che chiede all’Italia di riassegnare le attuali concessioni balneari tramite gare pubbliche. il fatturato complessivo del settore è di 7 miliardi di euro, e questo grazie al lavoro di imprese che da decenni hanno investito e speso per portare avanti le loro aziende. Gli attuali concessionari che finora hanno gestito le spiagge con eccellenza, facendosi carico di servizi pubblici come la pulizia e il salvamento, e rispettando sempre la legge, devono avere il diritto di poter continuare la loro attività, riottenendo – aggiunge il presidente Sib – le concessioni grazie al riconoscimento della loro professionalità, affidabilità ed esperienza.

Altrimenti sarà la morte di un intero sistema economico, e a rimetterci saranno tutti gli italiani”. In questo scenario, una buona speranza arriva dal governo Meloni che sembra avere capito come stanno davvero le cose, e pertanto occorre agire subito con una riforma che salvaguardi l’attuale sistema sfruttando le maglie lasciate ancora aperte dal diritto europeo per evitare accaparramenti e speculazioni sui litorali nostrani.

Le spiagge sono un bene pubblico, e questo non lo ha mai messo in dubbio nessuno – nemmeno i balneari. Ma le imprese che vi sorgono sopra sono proprietà private, sorte legittimamente in base alle norme dello Stato che hanno consentito l’apertura di migliaia di stabilimenti balneari. Se così non fosse a vincere le gare, infatti, saranno i gruppi con il maggiore potere d’acquisto, con il rischio di infiltrazioni malavitose in aree geografiche più esposte come la Calabria e la Sicilia. E poi – conclude Padovano – vorrei dire a Flavio Briatore che afferma che a fronte di 10 milioni di fatturato, un’impresa dovrebbe pagare 500mila euro, che come ha dimostrato un recente studio di Nomisma, gli stabilimenti balneari sono per il 97% piccole imprese familiari con un fatturato medio di 260.000 euro all’anno.

Perciò seguendo la proporzione di Briatore, dovrebbero avere un canone di circa 13mila euro. Che è esattamente quanto già paghiamo. Salviamo le imprese italiane, ed evitiamo una grande svendita che avverrebbe con la complicità delle autorità europee, a quanto pare più impegnate a tutelare gli interessi dei poteri forti, che i diritti dei piccoli imprenditori”.

 

 

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