Il decreto (convertito poi in legge) ha introdotto un monitoraggio specifico dei debiti delle pubbliche amministrazioni e sulla cessione dei crediti certificati. A quella lettera però, la Ruzzo Reti del presidente Antonio Forlini non avrebbe ancora mai risposto e cosa ancor più importante, la società non avrebbe provveduto alla registrazione presso la Piattaforma di Certificazione Crediti (PCC), atto che permette alle imprese di poter cedere il proprio credito alle banche. Questa operazione permette una sorta di smobilizzo del credito con una cessione pro soluto. In sostanza, la Ruzzo Reti avrebbe dovuto inserire lo specifico dei debiti verso i vari fornitori in una sorta di banca dati, in modo tale da permettere ai creditori (e non solo) di consultare gli stessi e poter richiedere poi più velocemente il pagamento. Questa mancata registrazione costringe le imprese a ricorrere ad un commissario ad acta per il pagamento degli insoluti, rallentando così il saldo in un periodo di già forte crisi.
“Il tutto deve essere compiuto entro il 21 agosto – ha spiegato il professore Andrea Ziruolo, ordinario di Economia Aziendale all’Università di Pescara – Il sistema rischia di collassare, perché, dal prossimo anno, toccherà ai bilanci comunali coprire i debiti delle società pubbliche. C’è la necessità di sedersi intorno ad un tavolo e giocare a carte scoperte”. Gli fa eco Marcozzi: “Vorremmo capire perché la Ruzzo Reti non ha aderito alla Piattaforma. E’ una società che fa parte di un “carrozzone” pagato anche da noi, per cui vogliamo e pretendiamo una risposta. Voglio sentirmi dire che sono un deficiente se non conosco le norme, ma prego il dottor Forlini di degnarci di una risposta”.