Comincia così la lettera che Gabriella Liberatore, Giuseppe Forcella e Domenico Pelusi hanno deciso di inviare ai vertici del Partito Democratico. Loro che nel giugno scorso avevano già detto addio al partito, ma forse pensavano (o speravano) che qualcosa sarebbe potuta cambiare. Evidentemente così non è stato. Perché oggi, a distanza di tre mesi, gli stessi consiglieri tengono a ribadire la loro decisione.
“Se la risposta è nel silenzio” commentano “allora essa cela tutta la incapacità di un partito di essere tale, la conferma che a muoversi al suo interno non sia la reale consapevolezza di essere alternativa credibile e forte, ma la sommatoria di gruppi al servizio delle candidature del momento. Il Partito Democratico, senza presunzione, lo abbiamo visto germogliare, crescere, abbiamo contribuito a farlo, dalla bellissima esperienza de i Democratici, alla nascita della Margherita. Abbiamo vissuto ogni tappa di questo lungo processo, convinti che la nascita del Pd fosse la grande novità, come diceva l’ex segretario Veltroni, una rivoluzione dolce, più grande di quanto apparisse, perché basata su una discontinuità culturale e programmatica con il vecchio centrosinistra. Nel Pd abbiamo visto confluire le nostre idee, sentivamo con convinzione che davvero potesse essere la forza del futuro: con l’estensione vera della partecipazione, l’apertura vera alla società, con il voler combattere e superare il sistema delle rendite corporative, il nepotismo che hanno sempre mortificato e sprecato i migliori. Eravamo certi che il Pd potesse assumersi questa grande responsabilità”. Grandi aspettative, dunque, che oggi lasciano spazio all’amarezza. “L’amarezza della delusione che tradisce anche un senso di sconfitta” aggiungono. “Ma questi cedono il posto alla convinzione che a tradirci non sono state quelle idee , ma gli uomini che le hanno utilizzate, svuotandole del loro valore!”.
Parole che in maniera innegabile celano un durissimo attacco ai vertici di partito. “Questi pensieri, queste riflessioni li abbiamo sofferti, sviscerati, maturati. Ci siamo interrogati, confrontati, quasi temendo di ammettere a noi stessi che ciò per cui avevamo tanto lottato, in realtà, altro non era che un ritorno al passato da cui già da tempo noi avevamo preso le distanze. La decisione di abbandonare un percorso che ciascuno di noi ha attraversato con la convinzione, la dedizione, il sacrificio, il lavoro che solo per i grandi sogni si donano, quasi senza sentirne la fatica, è una decisione che, oggi, si fa, però, molto meno dolorosa , pur se lascia tracce di delusione e disillusione. Le ultime vicende, infine, legate all’adozione degli strumenti urbanistici hanno avuto l’effetto che solo la verità dirompente produce: hanno finalmente fatto la distinzione tra la coerenza e la furbizia. Basta è la sola parola che riesca a sintetizzare la nostra scelta. Basta con le ambiguità, l’uso personalistico della politica che mai nulla di buono hanno prodotto. Basta con i registi occulti che non hanno mai avuto il coraggio e la forza di metterci la faccia. Basta è il nostro punto di arrivo, il nostro punto di una nuova partenza. Riteniamo definitivamente conclusa la nostra esperienza nel Partito Democratico”.
La parola “fine” è stata scritta. Questa volta definitivamente. O almeno, così pare.