LA PREMESSA. Atri, un pomeriggio come tanti, ma allo stesso tempo diverso dagli altri. E’ stata una giornata importante, ieri: dopo gli inviti caduti nel vuoto, le polemiche, le attese, finalmente l’aula consigliare atriana ha potuto ospitare niente meno che il presidente della Regione Abruzzo, nonché Commissario ad Acta per la Sanità, Gianni Chiodi, ed il direttore generale della Asl di Teramo, Giustino Varrassi. Tutt’intorno, il consiglio comunale ducale: la minoranza a sinistra, la maggioranza a destra, la giunta alle spalle. D’avanti, gli ospiti “importanti”, quelli con i posti riservati in prima fila (dall’ex assessore regionale alla Sanità, Lanfranco Venturoni, al presidente della Provincia Valter Catarra, dal consigliere regionale del Pd Giuseppe Di Luca al segretario provinciale dello stesso partito Robert Verrocchio. E non poteva certamente mancare il sindaco di Pineto, Luciano Monticelli). E, infine, loro: i cittadini. Tanti all’inizio, sempre meno poi…
L’INTERVENTO DI GIANNI CHIODI. Prima di arrivare al dunque, ossia al tema centrale della serata, il San Liberatore, il Governatore ha voluto tracciare un quadro della complessiva situazione sanitaria abruzzese. “L’Abruzzo è stata la prima Grecia italiana” ha detto “vicina al default, che abbiamo potuto evitare grazie all’intervento dello Stato e delle altre Regioni. Dopo i tanti sacrifici, fatti senza mettere le mani nelle tasche dei cittadini, ora i conti cominciano a quadrare: il debito è diminuito, ma abbiamo rischiato grosso. A causa delle scelte e della gestione sanitaria passata, abbiamo subito l’onta del commissariamento. E cos’era l’Abruzzo prima? Un insieme di 35 ospedali, alcuni vicini tra loro, con una marea di ricoveri inappropriati. Un Titanic che non potevamo più sostenere. Un transatlantico che davanti aveva un iceberg grande come una casa. Non si pagavano più i fornitori e si rischiava di non pagare più nemmeno i dipendenti. Sapete quale sarebbe stata la sanzione? Niente piano di rientro, niente fondo sanitario nazionale e blocco dei turn over al 100 per cento. Ossia, niente concorsi”. E’ un passato fatto di debiti, sprechi e amministratori rapaci, quello descritto dal Governatore. “L’Abruzzo è stata come una famiglia che, con un reddito di 2mila euro al mese, ne spendeva 6mila. Chiedeva prestiti alle banche, che ad un certo punto hanno detto basta”. Ma il presidente non riesce a non esprimere il suo stupore: “Non mi aspettavo certo gli applausi degli atriani” ha continuato “ma almeno una pacca sulla spalla! E invece niente. E questo mi fa male. Perché abbiamo difeso Atri con le unghie e con i denti. Il San Liberatore era destinato a chiudere, certo, l’Agenzia Sanitaria Nazionale l’aveva detto chiaramente. Ma noi ci siamo opposti e il risultato è che quattro ospedali per acuti c’erano prima in provincia di Teramo e quattro ce ne sono ancora oggi. Finchè ci sarò io, Atri non chiuderà. Quello che succederà dopo, non ve lo so dire”.
L’OPPOSIZIONE. Le parole del Governatore devono aver ottenuto l’effetto sperato. I “bollenti spiriti” battaglieri visti in questi mesi sembrano sopiti e dai banchi della minoranza viene fuori un gemito quando prende la parola il consigliere del Pd Giuseppe Forcella, il quale ricorda quanto dichiarato pochi giorni fa, il 27 marzo scorso per l’esattezza, dal sub commissario Giovanna Baraldi, intervenuta a Giulianova nel consiglio straordinario: “Giulianova” aveva detto “sarà uno dei due ospedali per acuti della provincia”. “Ora” ha chiesto Forcella “vogliamo capire dove sta la verità: in quello che ha detto la Baraldi o in quello che ha detto lei poco fa? E a questo punto: l’Atto sarà rivisto? Smentisce la Baraldi?”. Secca la replica del Governatore: “Ha ragione sulla conflittualità con la Baraldi che, ricordo, era la nostra controparte nell’Agenzia Sanitaria Nazionale. Ma il Commissario sono io e la questione è semplice: io non firmo, quindi c’è poco da aggiungere. Attenzione: pregate per la mia salute, perché sapete bene come la pensa la Baraldi”! E a chi continua a ricordare gli antichi fasti del San Liberatore, Chiodi ribatte: “certo, c’era Pantalone che pagava!”
IL SINDACO GABRIELE ASTOLFI. “Quando dico di essere soddisfatto è perché vedo che Atri ha delle cose che Giulianova non ha”. Peccato che qui il campanilismo non c’entri nulla, visto che si parla della salute dei cittadini. “Certo” ha aggiunto il primo cittadino “ci sono delle cose che non vanno, come il reparto di medicina che ha bisogno di medici e di un primario, abbiamo bisogno di una diagnostica aggiornata, di una risonanza magnetica, di una Tac, che sta arrivando. Servirebbero posti letto in psichiatria e un Utic che possa restare h24. Ma pensiamoci: Medicina Nucleare era chiusa e ora torna operativa. Ed il Centro Regionale per la Fibrosi Cistica è ad Atri. Insomma, chiediamo chiarezza, altrimenti continueranno a girare voci non vere che fanno solo male all’ospedale”. E lo stupore del Governatore torna in campo: “Volete farmi credere che la battaglia è su 5 o 3 posti letti? Ma di cosa stiamo parlando? Mi dite che i medici sono carenti? Grazie! Avevamo il blocco del turn over, dateci il tempo! E poi? Dieci posti letto aggregati in Medicina? Che vuol dire? Avete mai sentito parlare di letti indistinti?”.
IL MANAGER GIUSTINO VARRASSI. Il direttore generale della Asl ha preferito puntare sui numeri, convinto del fatto che “la sanità va gestita in base ai dati di fatto”. E i numeri parlano di un Utic che nel biennio 2009/2010 ha curato 13 pazienti con grave infarto complicato. “Possiamo parlare di eccellenza in questo caso? Urologia ricovera pazienti chirurgici al 43 per cento, contro il 57 per cento dei pazienti medici. Io credo che ci siano tutte le convenienze per trasformarlo in day surgery. Volete l’h 24? Se Chiodi e Baraldi dicono di si, io lo faccio, mica è mio l’ospedale! Volete infermieri senza malati? Insomma, io credo di aver fatto molto: ci sono due concorsi per primari ad Atri, tra due settimane due medici vincitori di concorso in medicina interna arriveranno ad Atri. Radiologia è stata ristrutturata, la nuova Tac arriverà ai primi di maggio. Abbiamo messo in piedi un progetto per la nascita di camere speciali per la terapia radio metabolica, unico in regione. Finora, probabilmente, il messaggio che è passato è stato filtrato attraverso gli occhi di chi non ha una visione sulla medicina, ma sulla politica. Ma io ho un unico comandamento: migliorare i servizi sanitari. Forse non soddisfo le esigenze di tutti e non ne ho nemmeno la pretesa. Per quanto riguarda l’Utic, il suo destino è nelle mani dei giudici. Aspetteremo la decisione del Tar, ma una cosa è certa e lo dico francamente: mi auguro che non commettano l’errore madornale di riattivarlo, perché i pazienti sono insufficienti a garantire una buona attività assistenziale”.
I CONSIGLIERI DI MAGGIORANZA. Dai banchi della maggioranza, a prendere la parola sono i due consiglieri che più si sono esposti, in maniera critica, sul destino del San Liberatore: Angela De Lauretis e Davide Di Giacinto. “Siamo tutti a conoscenza dei problemi storici della Regione Abruzzo circa il debito della sanità e dell’importante lavoro di riduzione degli sprechi operato dalla Regione” hanno detto. “Conosciamo l’indirizzo politico, quindi, ciò che ci interessa capire, è l’attuazione di quell’indirizzo da parte del Direttore Generale”. Ma la richiesta dei due punta ad andare più nello specifico, come ha spiegato Di Giacinto: “In che maniera sarà attuato l’indirizzo politico del presidente Chiodi, nell’attribuzione delle risorse umane, materiali e finanziarie ai vari reparti e strutture indicati nell’Atto Aziendale? Solo a quel punto, dopo un’analisi analitica e chiara, potrò esprimere un giudizio concreto sull’operato del Direttore Generale. Noi abbiamo letto l’Atto e sappiamo che, rispetto ad altri, ci è andata bene. Ma abbiamo fatto delle richieste chiare e vogliamo che gli indirizzi vengano applicati”. “Varrassi ha il dovere di chiarire una volta per tutte la sua posizione in merito alle scelte operate per il Presidio ospedaliero di Atri” ha aggiunto la De Lauretis. “Troppo spesso nei mesi passati abbiamo assistito ad azioni negative, senza che seguissero le azioni positive più volte prospettate. Resterò vigile ad attendere queste novità nella speranza che non si ripetano più situazioni fumose e confusionali, come è avvenuto per alcuni reparti. Occorre chiarezza e coraggio nelle scelte, solo così potremo avere un quadro chiaro su cui costruire il futuro del San Liberatore”.
LA POSIZIONE DEL PD PROVINCIALE E COMUNALE. “Noi non ci fidiamo” è il commento del segretario provinciale Robert Verrocchio. “Se Chiodi si è sentito in dovere di partecipare al consiglio comunale della città per spiegare le sue ragioni, è anzitutto merito di tutti i cittadini atriani e dei partiti di opposizione, che in questi anni hanno lottato e fatto sentire forte la loro voce in difesa del loro ospedale. Il nosocomio di Atri deve tornare ad essere una realtà forte. Ma quanto dichiarato da Chiodi non è abbastanza, perché gli atriani, e non solo, vogliono capire in che modo alle belle parole seguono poi i fatti. Tutto il Pd continuerà a vigilare per capire come l’atto aziendale della Asl di Teramo valorizzerà quella grande ricchezza pubblica che è l’ospedale di Atri”. E chiara è anche la posizione del segretario comunale di partito, Herbert Tuttolani. “Prendiamo atto dell’impegno del governatore che ha smentito quanto dichiarato dal sub commissario alla sanità Giovanna Baraldi ma ora questo impegno deve realizzarsi. Ad oggi l’atto aziendale è diverso da quanto dichiarato da Chiodi e Giustino Varrassi ha difeso il suo atto. Non solo, Varrassi si è anche augurato che il Tar respinga il ricorso presentato contro quell’atto, segno che il direttore sanitario non vuole impegnarsi su Atri. Nessuno ier sera ha posto la domanda forse più importante: alla luce di quanto dichiarato, l’atto aziendale verrà modificato sì o no? Alle belle parole non è seguita la necessaria chiarezza. Gli atriani la pretendono”.
IN CONCLUSIONE. Dopo tre ore di dichiarazioni, botte e risposte, alla fine è arrivato il momento di tirare le somme. Partendo, dunque, dal presupposto che il San Liberatore resta lì dov’è (l’impegno del Governatore è stato fin troppo chiaro), rimane da capire che fine farà l’Atto Aziendale. Di confusione ce n’è ancora un po’ nell’aria, tra un direttore generale che, alla domanda ‘cosa c’è nel futuro di Atri?’ risponde che ‘c’è quello che la Regione dice’ e un presidente/commissario che rilancia la palla al manager. Alla fine, forse, i cittadini avranno pure capito che è giunta l’ora dei sacrifici, ma sulle modifiche all’atto aziendale resta un punto interrogativo. E alle richieste di un programma dettagliato, con tanto di tempistica, le risposte sono rimaste evasive. Toccherà aspettare…e augurare buona salute al Commissario Chiodi.
Marina Serra
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