“Il Governo dell’Ateneo non vedrà più come membri, a nessun titolo, gli Enti che hanno permesso la sua nascita ed il suo sviluppo” afferma l’assessore delegato Silvio Tavoletta. “Nonostante le rassicurazioni del Magnifico Rettore, oggi noi rappresentanti del territorio e dei cittadini vogliamo che l’Università dia segnali concreti ed immediati affinchè sia smentita l’impressione che tutti hanno della volontà di isolamento e chiusura nei confronti delle Istituzioni locali. Chiederemo al Magnifico Rettore le risposte che le nostre città aspettano da tempo, soprattutto Chieti ma anche città come Vasto, Lanciano ed Ortona. Questa scelta, miope a livello strategico, deve essere affrontata non solo con i buoni propositi ma con Fatti concreti. Noi amministratori del Territorio siamo pronti a lavorare insieme all’Università per sanare questa situazione e a costruire un vero percorso di integrazione con la vita reale del territorio”.
Il Presidente della Provincia di Chieti, in accordo con il Presidente Guerino Testa e con i sindaci di Chieti e Pescara, ed anche in qualità di Presidente dell’Unione delle Province Abruzzesi, fa sapere che nei prossimi giorni promuoverà “un incontro con il Presidente Guerino Testa e con i sindaci delle città di Chieti e di Pescara per fermare questo errore storico e per studiare una linea comune di intervento. Chiederò, come Presidente dell’UPA un incontro al Ministero dove porteremo la questione e cercheremo insieme ai rappresentanti degli Enti Locali una soluzione concreta”.
“Io credo” continua Enrico Di Giuseppantonio “che con questa esclusione si distrugga quel legame organico con gli Enti Locali che hanno dato vita all’Università e che nel tempo le hanno assicurato risorse e condizioni per il suo sviluppo. Questa strada non può far altro che frenare inesorabilmente tutte le possibili sinergie che hanno fatto crescere e sviluppare l’intero nostro Territorio”.
Il commento dell’assessore all’Istruzione della Provincia di Chieti Mauro Petrucci. “L’ultima decisione del Senato Accademico dell’Università di tenere fuori dal c.d.a. le rappresentanze degli enti pubblici e del mondo imprenditoriale è l’ennesima conferma e riprova di un atteggiamento di autoreferenzialità, arroganza e distacco dal contesto in cui opera questa istituzione. Essa , qualcuno dovrebbe ricordare al Senato Accademico, è nata come “Libera Università” proprio per volontà di alcuni rappresentanti di quelle istituzioni, che hanno contribuito per tanto tempo a sostenerla anche economicamente garantendone la crescita e lo sviluppo. Io stesso, da studente, ho lottato e manifestato perché la “libera università” ottenesse la statalizzazione. L’università ha avuto tanto, forse troppo, in termini di agevolazioni e facilitazioni, non sono sicuro però che sia riuscita a dare altrettanto in termini di ricaduta innovativa al territorio. Prova ne sono i numerosi corsi di laurea istituiti in passato solo per fare cassa e creare cattedre e non per contribuire ad una crescita di sviluppo e di risposta alle esigenze del territorio. Sarebbe stato e sarebbe, invece, necessario dialogare con i rappresentanti di tutto il mondo imprenditoriale e della scuola per creare sinergie e collaborazioni per essere al passo con i tempi, ridando all’Università il suo vero ruolo di luogo “formazione” ed “educazione”, della futura classe dirigente e lavorativa, e non solo di “occupazione” e “carrierismo”. Anche dove avrebbe potuto e dovuto dare il massimo, in termine di competenza ed innovazione, e mi riferisco alla facoltà medica, è stata carente non riuscendo ad attrarre le migliori professionalità ma, addirittura, a far andare via quelle che aveva , a causa di una politica clientelare e di familismo, e contribuendo ad avere responsabilità nella mobilità passiva della nostra assistenza sanitaria. Fino ad oggi quello che è più evidente è solo il forte potere politico ed economico che è riuscito a creare e che ha sfruttato e sfrutta solo nell’interesse e tornaconto di pochi. Questo è almeno ciò che traspare e che, forse, trova conferma in questa ultima decisione. A questo punto forse è il caso che gli esclusi si riuniscano e facciano fronte comune per rivedere i rapporti con l’Università a trecentosessanta gradi”.