SPECIALE MARINERIA: la protesta per la cassa integrazione. VIDEO-FOTO

marineria_striscione_promessePescara. Di nuovo in piazza a mostrare alla città l’emergenza in cui sono costretti a vivere e, per la prima volta, in massa dentro un palazzo istituzionale a gridare la criticità della propria condizione. La marineria irrompe in municipio e strappa a Chiodi l’impegno della Banca Caripe per l’anticipo della cassa integrazione.

Volevano arrivare al carcere per chiedere un piatto caldo, visto che da mettere in tavola non hanno più niente, e per ‘guadagnarsi’ un tetto, dato che a breve i debiti li costringeranno a vendersi la casa o a lasciarla alle banche che ne detengono le ipoteche. La marineria ‘strozzata’ dal porto non dragato, dopo circa 400 giorni di ‘non-lavoro’ forzato, questa mattina è scesa nuovamente in piazza, iniziando una nuova manifestazione che avrebbe dovuto consumarsi con un corteo diretto a San Donato. Si sono fermati in Comune, invece, dopo aver ottenuto udienza dal Governatore Chiodi. Non prima di aver fatto tremare piazza Italia.

Alle dieci, hanno preso le mosse dalla banchina nord, per giungere davanti alla sede della Prefettura. Ad aspettarli, come comparse di un film già visto, una trentina di celerini in tenuta antisommossa. E loro, i marinai, inscenando un copione stravisto, hanno sfilato con striscioni e insulti indirizzati ai governanti. Il tocco di colore stavolta, dopo il lancio del pesce marcio, è stato dato dai fumogeni arancioni che hanno avvolto in una nuvola le grida amare, i campanacci e i fischietti. Un’ora scarsa di protesta, interrotta dall’intervento del presidente della Provincia Guerino Testa, ormai considerato “uno dei nostri” da pescatori e armatori, poi il centinaio di manifestanti si è spostato sul piazzale di fronte: quello del Municipio. Lì era atteso il governatore regionale Chiodi, convocato dal sindaco Mascia e dal presidente della Camera di commercio Becci per firmare il protocollo per la riqualificazione dell’ex Cofa. Stavolta è stato il numero uno della Regione il bersaglio: perché dall’assessorato regionale alla pesca è partita l’incauta promessa dell’attuale obiettivo del comparto. È stato Mauro Febbo, incautamente, ad annunciare giovedì scorso che la Regione avrebbe anticipato la cassa integrazione ai pescatori dipendenti, per poi doversi rimangiare tutti questa settimana.

Fumogeni e petardi, però, non hanno bussato abbastanza forte da far uscire Chiodi a parlare con gli uomini del porto paralizzato. E allora, per la prima volta da quando l’emergenza dragaggio ha smosso i loro animi, i componenti della marineria hanno fatto irruzione in un palazzo governativo: una 30 di persone si è ‘accomodata’ nella sala del consiglio comunale in attesa di quel governatore che non ha voluto abbandonare la conferenza stampa in programma per dar loro conto. Oltre 30 minuti la pazienza marinara non ha retto, quindi il blocco si è ricompattato ed è andato a bloccare il traffico di corso Vittorio Emanuele, congelando il traffico del centro cittadino per un quarto d’ora. Forse il clamore del gesto, forse la conferenza stampa terminata, dal municipio è quindi arrivata la tanto attesa disponibilità del presidente. Il corteo si è riavvolto a ritroso e completo: in Municipio sono entrati tutti e 100, donne esasperate comprese. L’accoglienza riservatagli è stata più accalorata che calorosa, ma dal capo dell’esecutivo regionale hanno strappato un ulteriore promessa, sebbene indiretta. Chiodi però, prima, ha spiegato ai 166 lavoratori dipendenti che è solo colpa della burocrazia legata all’Inps se la Regione ha dovuto fare marcia indietro sull’anticipazione di quella miseria che costituisce la Cassa integrazione guadagni, e che è solo la lentezza che contraddistingue l’amministrazione italiana se i 3 milioni di euro destinati a ristorare le imprese di pesca già deliberati dal Governo a dicembre non sono ancora arrivati a Pescara.

“Io mi posso impegnare, voi potete protestare con me”, dice Chiodi, “ma dipende dall’Inps, dovreste andare lì sotto e aspettare fin quando non vi danno i soldi”. Un discorso che si regge su un piede solo, che rischia di perdere completamente stabilità quando arriva la notizia che Bruno Presidente, direttore generale della Caripe, la banca incaricata dall’Inps di liquidare l’ammortizzatore sociale, è appena stato rimosso dal suo incarico. L’allarme rientra quando si apprende che Dario Pilla, appena nominato sostituto di Presidente, ha dato disponibilità a prendere subito in mano le carte della questione e che lunedì mattina incontrerà Guerino Testa e i rappresentanti della marineria per trattarla. “Una buona notizia, ma non è certo la soluzione”, conclude Chiodi, mentre le 100 sveglie dei marinai vengono puntate sulle 8:00 di lunedì.

CASSA INTEGRAZIONE: 600 EURO AL MESE A TESTA. LORDI. Una protesta tanto forte, giusta e prepotente, quanto mirata a racimolare una miseria, per chi deve sostenere le spese di una famiglia. Lunedì, con la Caripe, la marineria discuterà nei termini la possibilità per i pescatori dipendenti di ricevere in anticipo l’erogazione dei primi 3 mesi del 2013 di cassa integrazione, nonostante non sia ancora stato concertato con i sindacati un accordo nazionale per tutte le categorie professionali. Non un’arrogante pretesa, bensì il risultato di un’esigenza finora ammortizzata con pochi spiccioli. Finora, da quando il porto è stato chiuso, 400 giorni orsono, ai dipendenti delle imprese di pesca sono stati erogati solo 2000 euro a testa. Lordi. Bruciati in un attimo per pagare spese e debiti accumulati in sette mesi. E del 2012 rimane da ricevere i soldi di ottobre, novembre e dicembre. Per questo i marinai chiedono in anticipo l’ossigeno indispensabile ad andare avanti, con il dragaggio ancora incerto nei tempi e la possibilità di tornare a guadagnarsi la pagnotta negata. Burocrazia canaglia, che non eroga ancora agli armatori i ristori governativi già disposti dal Decreto Sviluppo: “Se ci dessero quei 3 milioni”, spiega Mimmo Grosso, presidente dell’Associazione Armatori Pescara, “potremmo aiutare con la liquidità i nostri dipendenti, ma siamo nei guai anche noi”.

Battagliare, protestare, manifestare, per dei soldi incerti, ma sicuramente pochi: i 5 mesi che vengono richiesti verrebbero coperti con 3mila euro. Fanno 600 euro al mese a testa. Lordi.

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Daniele Galli

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