Curiosi di sapere com’è il Paradiso? In questi anni sono stati riportate diverse esperienze di premorte, l’ultima in ordine di tempo sembra descrivere un aldilà credibile.
Cosa c’è alla fine della vita terrena? Questa domanda assilla l’essere umano sin da quando ha sviluppato la capacità di riflettere e analizzare il mondo che lo circonda. La finitezza della vita, tipica di qualsiasi essere presente sulla terra, è la sua caratteristica fondante poiché a dare consistenza, valore e pregnanza all’esistenza è proprio il suo contraltare.
Possiamo dire con assoluta certezza che abbiamo un ciclo vitale limitato, ma il termine di questo ciclo è davvero la fine del nostro essere? Una volta esalato l’ultimo respiro ciò che è stato di noi sarà solo cenere? A cosa serve dunque la nostra esistenza se non come ingranaggio per un’ecosistema più grande e ancora in gran parte oscuro?
Per l’essere umano concepire la vita come una semplice passaggio non ha assolutamente senso. Ci dev’essere uno scopo che va oltre la semplice continuazione della specie. Pur ammettendo che un diverso processo evolutivo avrebbe potuto portare un leone ad essere in cima alla gerarchia e al posto dell’essere umano, qualora fosse successo cosa sarebbe cambiato? Quale sarebbe il fine ultimo del leone? Quale il suo ruolo nell’esistenza del pianeta e dell’universo?
Per quanto le religioni, la filosofia e la scienza abbiano approfondito la ricerca escatologica della vita, allo stato attuale non esiste ancora una risposta concreta, solo una serie di teorie che si fermano dinnanzi a vicoli ciechi oltre i quali si può andare solo se si ha fede. Esiste dunque un paradiso? E se non un luogo di felicità e pace eterna come ipotizzato dalle religioni, esiste un secondo stadio della vita, un’altra realtà in cui si continua ad esistere in altra forma?
Probabilmente ciò che porta l’essere umano a non concepire la mancanza di uno scopo alto e altro rispetto a quello delle altre creature viventi (in realtà il nostro scopo è il medesimo di ogni forma di vita esistente, la continuazione della specie) è la paura di non esistere più. Avere infatti consapevolezza del mondo che ci circonda, ma anche della durata effimera della vita, ci porta a trovare quasi ingiusto il breve tempo che abbiamo a disposizione.
Proprio questa capacità di comprendere ha spinto tantissimi a credere che l’essere umano possa essere in qualche modo differente dalle altre forme di vita ed essere stato in qualche modo scelto da un’entità divina, un creatore onnisciente in grado di vedere e fare tutto, capace di fornirci anche la vita eterna in un secondo momento.
Ma qualora fosse davvero così, qual è lo scopo dell’esistenza finita? Siamo in una sorta di anticamera in cui verremo giudicati degni o meno di accedere alla vita eterna? E se davvero siamo sotto giudizio, quali sono i meriti che ci consentirebbero di progredire alla vita eterna? Bisogna essere buoni? D’aiuto agli altri? Aver dato un contributo alla società? Avere abilità particolari? In che modo il merito terreno può essere d’ausilio alla vita nel Paradiso, ma soprattutto quale sarebbe il nostro scopo in questo aldilà, la vita eterna?
Purtroppo a queste domande non ci sono risposte e le uniche “Prove” dell’esistenza dell’aldilà sono contenute nei racconti delle esperienze premorte vissute da persone che sono state in stato di coma e si sono risvegliate. L’ultima testimonianza raccolta dal Daily Mail, è quella dell’operaio edile di Las Vegas Vincent Tolmant, finito in coma a causa dell’assunzione – senza prescrizione – di una pillola dimagrante.
Durante i tre giorni di coma, Vincent avrebbe vissuto un’esperienza extra corporea e visto quello che lui ritiene il Paradiso. Da questa esperienza ha appreso il valore dell’autenticità e compreso che a differenza di quanto si crede non si vive sotto il costante giudizio divino: “Non siamo qui per un processo. Siamo qui per imparare e crescere. Tutto qui, chiaro e semplice”.
Insomma Vincent avrebbe scoperto che la vita terrena non è altro che la formazione per la vita eterna, un viaggio che ci consentirà di apprendere ciò che ci serve nell’aldilà. Nel suo Paradiso, dunque, saremo ammessi tutti poiché quello che facciamo durante la vita terrena non costituirà curriculum per l’accesso.
Nel suo viaggio l’operaio edile ha incontrato anche un uomo barbuto e canuto, vestito con una candida veste bianca, ma non fatevi ingannare dalla descrizione: quella figura non era Dio. Il suo mentore, la sua guida nell’aldilà, come un qualsiasi Virgilio per Dante, era il suo amato nonno.
Cosa dire a riguardo, anche non si trattasse di un’esperienza autentica nessuno può dire che non si tratti di qualcosa che si avvicini clamorosamente all’idea che tutti noi abbiamo del Paradiso.