Sono in aumento le malattie associate a un organo in particolare. In gran parte è colpa del nostro stile di vita, avvertono i medici.
Il grande scrittore britannico G. K. Chesterton amava i paradossi e andare controcorrente. Sosteneva ad esempio che è un errore credere che la tumultuosità di una società ipertecnologica come la nostra sia un indice di dinamismo e attività. Le cose stanno giusto al contrario.
Il rumore che pervade le nostre strade a ogni ora del giorno e della notte indica piuttosto che il nostro stile di vita è improntato alla pigrizia e alla stanchezza. Se camminassimo a piedi, facendo a meno di auto, moto e ogni genere di veicoli, ci muoveremmo certamente di più. Il rumore dei mezzi di trasporto perciò è il segno del riposo umano.
Si mangia di più e ci si muove di meno. È questo lo stile di vita di quello che qualcuno ha ribattezzato l’homo comfort. Almeno dalla fine della seconda guerra mondiale si è diffuso un modo di vivere che ci porta a ricercare sempre la comodità in nome di una morale della vita lunga dove conta campare il meglio possibile e il più a lungo possibile. Il paradosso è che così facendo rischiamo di far male al nostro corpo, a un organo in particolare.
Quando il cattivo stile di vita fa male a un organo del nostro corpo
La sedentarietà del nostro tempo ci fa letteralmente venire il mal di fegato. Sono infatti in aumento le patologie epatiche e sempre più persone hanno il fegato grasso. una condizione che più tecnicamente si chiama steatosi epatica. A spiegarlo alla Fondazione Veronesi è il professor Massimo Pinzani, docente di Medicina all’University College London, reduce da un convegno romano tenutosi presso l’Ospedale San Camillo Forlanini.
Il convegno era dedicato alla salute del fegato dell’homo confort (cioè tutti noi) e la diagnosi non è per nulla piacevole. Il fegato grasso – che è una malattia vera e propria – riguarda un italiano su quattro tra i 18 e i 70 anni e nel 5% dei casi può portare a steatoepatite (infiammazione) e cirrosi. «Oppure può rivelarsi, nel corso di 10-20 anni, un tumore del fegato -, fa presente il dottor Adriano Pellicelli, Direttore Uoc Malattie del fegato al San Camillo Forlanini – con un’incidenza annuale di 11 casi su mille individui con steatoepatite».
Non ci sono solo cattive notizie sul fronte del fegato. Ad esempio negli ultimi 2-3 anni l’immunoterapia ha prolungato la sopravvivenza di alcuni pazienti ammalati di tumore al fegato e a volte ha permesso perfino di passare da una forma non trattabile a una trattabile con un intervento chirurgico o il trapianto.
C’è poi la più importante notizia dell’ultimo decennio: la sconfitta dell’epatite B e C. Merito dello sviluppo di farmaci virali che eliminano l’epatite C e impediscono la replicazione dell’epatite B (che nei più giovani non esiste, visto che dal 1986 vengono vaccinati contro questo virus).
Accanto a queste novità positive bisogna però registrare l’aumento delle patologie epatiche. Colpa di stili di vita malsani e della scarsa prevenzione. Gli esperti puntano il dito su fattori di rischio come obesità, cattiva alimentazione, malattie come il diabete, alterazioni nei valori dei trigliceridi o del colesterolo. Senza trascurare il ruolo giocato da possibili predisposizioni genetiche.