Ricco bonus in busta paga da subito: ma se lo accetti andrai in pensione più tardi

Il Governo offre la possibilità di avere subito un ricco bonus in busta paga ogni mese. Ma chi lo accetterà dovrà poi pagarne il prezzo più avanti e lavorare più a lungo.

Meglio un uovo oggi o una gallina domani? Il dilemma affligge l’essere umano dall’inizio del mondo e nessuno ne è mai venuto a capo. Sarà meglio accettare un bene piccolo ma sicuro nell’immediato o avere pazienza per avere un bene più grande ma ipotetico in futuro? Ognuno di noi, sia chiaro, ha il diritto di scegliere per sé.

il premier giorgia meloni che sorride seduta in Parlamento
Ricco bonus in busta paga da subito: ma se lo accetti la pagherai cara al momento della pensione -(foto Ansa)- Abruzzo.cityrumors.it

La logica del nuovo bonus del Governo Meloni sembra rispecchiare alla perfezione il vecchio proverbio tanto caro ai nostri nonni. Ma i nostri nonni, bisogna dirlo, non hanno dovuto affrontare un’ instabilità lavorativa e un’incertezza sul futuro come quella che stiamo vivendo noi e che vivranno anche le future generazioni.

Tutto sommato, un tempo il posto fisso era assicurato e lo stipendio era adeguato al costo della vita. Senza contare che molto spesso si riusciva ad andare in pensione ben prima dei 60 anni e con un ottimo assegno. Oggi chi accetta un bonus per avere una busta paga più ricca dovrà andare in pensione più tardi.

Bonus in busta paga da subito, requisiti: ecco a chi spetta

Gli stipendi in Italia sono decisamente troppo bassi rispetto al costo della vita che è aumentato in misura spropositata negli ultimi anni. Va da sé che la proposta di ricevere un bel bonus in busta paga tutti i mesi faccia gola a molti. Ma purtroppo, chi accetterà oggi questo beneficio, la pagherà cara.

giorgia meloni che ride seduta accanto al ministro dell'economia giancarlo giorgetti
Bonus in busta paga da subito: ecco a chi spetta -(foto Ansa)- Abruzzo.cityrumors.it

Lo stipendio medio di un lavoratore dipendente in Italia si aggira intorno ai 1500 euro al mese. In città come Milano l’affitto di un bilocale di 50 metri quadrati può arrivare a 1200 euro e non dissimile è la situazione di altre città come Roma, Bologna, Firenze e Venezia. Certo si può andare a vivere in provincia ma a quel punto aumenterà la spesa per la benzina dell’auto che ci servirà per raggiungere il luogo in cui lavoriamo.

L’idea di un bonus che, tutti i mesi, renda il nostro stipendio un po’ più ricco, di conseguenza, diventa allettante più di una fontanella di acqua fresca in mezzo al deserto. Ma questo bonus ci verrà fatto pagare in futuro e anche a caro prezzo. Di quale sussidio si tratta? Del bonus Maroni che, da quest’anno, si rivolge non solo a chi rinuncia a Quota 103 ma anche a chi rinuncia alla pensione anticipata ordinaria.

In pratica i lavoratori che, una volta raggiunti i requisiti per sfruttare o Quota 103 oppure la pensione anticipata ordinaria, sceglieranno di restare a lavoro, potranno decidere di sfruttare il bonus Maroni e avranno, quindi, uno stipendio più alto tutti i mesi. In compenso, però dovranno restare a lavoro più a lungo: in alcuni casi molto più a lungo. E non solo: c’è anche un’altra penalizzazione.

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Bonus Maroni: ecco dove sta il tranello

Il bonus Maroni, apparentemente molto vantaggioso per i lavoratori, in realtà nasconde un enorme tranello di cui non tutti sono a conoscenza. Chi lo accetta la pagherà cara al momento della pensione.

donna con le spalle appoggiate al muro e una mano sulla fronte con espressione preoccupata
Bonus Maroni: ecco dove sta il tranello/Abruzzo.cityrumors.it

Il bonus Maroni è stato introdotto come disincentivo alle uscite anticipate dal lavoro che stavano mettendo in crisi le casse dell’Inps costrette ad erogare assegni per un numero crescente di anni a troppi lavoratori. Tale agevolazione consiste nella possibilità di ricevere ogni mese in busta paga il 9,19% in più sullo stipendio.

Dunque, ad esempio, un lavoratore che guadagna 1500 euro, ogni mese prenderà poco meno di 150 euro in aggiunta. Non moltissimi ma comunque è pur sempre un aumento che può fare comodo. Questo 9,19% in più non piove dal cielo: si tratta della quota di contributi che i dipendenti versano all’Inps tutti i mesi. Pertanto il bonus Maroni è una forma di decontribuzione.

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Benissimo se non ché questo 9,19% di contributi nessuno li verserà: il datore di lavoro, infatti, non è tenuto a farsene carico. Questo significa che, al momento di andare in pensione, il dipendente – che ha lavorato più a lungo di quanto avrebbe potuto lavorare – si troverà con un bel po’ di contributi in meno e questo significherà una cosa soltanto: meno contributi uguale assegno pensionistico più basso. Quel che si guadagna in più oggi, in pratica, verrà perso domani pur avendo lavorato per più anni.

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