Si è concluso ieri il piano biennale per presentare il cosiddetto concordato preventivo con il Fisco, messo a disposizione dall’attuale maggioranza al Governo
Il concordato fiscale preventivo è un accordo tra il contribuente e l’Amministrazione Finanziaria che permette di stabilire in anticipo l’importo delle imposte dovute. Questa misura era rivolta alle partite IVA, ai forfettari e alle piccole e medie imprese. Consentiva infatti di definire la base imponibile per due anni, riducendo il rischio di accertamenti fiscali e facilitando la pianificazione finanziaria. Un modo per far uscire il sommerso di tanti soggetti che piuttosto che dichiarare gli importi al fisco preferiscono evadere la denuncia dei redditi.
“Tu per due anni paghi quel dovuto e se fatturi di più non mi dai nulla, in cambio non ti sottopongo a controlli“. Era stato questo lo slogan utilizzato dalla Premier Giorgia Meloni nel febbraio del 2023 quando presentava alla stampa il cosiddetto “concordato preventivo biennale” con il fisco, grazie al quale le imprese avrebbero potuto pagare un forfait calcolato dall’Agenzia delle Entrate, con la garanzia però che, in caso di aumento dei ricavi, non avrebbero dovuto versare nulla di più. Insomma, si decideva di pagare una cifra stabilita per due anni e nulla più.
Con la seconda tranche di incassi, dopo due anni dalla presentazione, si è concluso l’operazione concordato fisco preventivo. L’opportunità studiata dal Governo e messa a disposizione di piccole e medie imprese, ai regimi forfettari e alle partita IVA per uscire dal sommerso e determinare, in accordo proprio con l’Agenzia delle Entrate, quando dovuto per due anni, senza ulteriori balzelli.
Questo particolare “patto” con il Fisco poteva avere indubbi vantaggi per alcune categorie di contribuenti, ad esempio sulla base dei dati a disposizione dell’Agenzia delle Entrate venivano concordati il reddito e le imposte dovute nei due anni dal titolare di partita IVA, con possibilità di ulteriore rinnovo. Il reddito aggiuntivo incassato non sarebbe stato soggetto a tassazione e, in caso di minori introiti superiori al 30 per cento, il MEF potrà prevedere l’ipotesi straordinaria di revoca del piano concordato. Ma oramai con il secondo mandato di pagamento, andato il 12 dicembre scorso, questa opportunità si è conclusa ed è tempo di bilanci.
Il governo si attendeva da questa possibilità concessa ai contribuenti un risultato diverso, credeva nella possibilità di una maggiore adesione. Sono stati comunque oltre 190mila i contribuenti diventati ”soggetti affidabili” che, per un risultato di 1,6 miliardi di euro, hanno scelto di credere nella proposta dell’Agenzie delle Entrate. “E’ un risultato da valutare, discreto”, ha osservato il viceministro all’Economia Maurizio Leo. “Non diciamo che è un ottimo risultato ma l’aspetto che va messo in evidenza è che dei soggetti critici, perché avevano un punteggio Isa sotto l’8, si sono portati a 10: sono 188-190mila contribuenti che sono diventati soggetti affidabili. E questa è una rivoluzione, se si fossero fatti i controlli sarebbero stati più bassi”.
Il governo si attendeva un’adesione di almeno due milioni di persone, obiettivo rimasto però molto lontano. “Questo risultato è inferiore alle aspettative iniziali di 2 miliardi di euro, ma rappresenta comunque un incremento di affidabilità fiscale per 188mila partite IVA, che non avevano ottenuto voti elevati nelle “pagelle fiscali” e ora possono beneficiare di semplificazioni amministrative”, ha aggiunto il viceministro, che vede comunque in questo concordato la prova che un approccio di maggiore dialogo tra governo e contribuenti può essere efficace.