In principio fu Microsoft ( iniziò nel 2007) poi è stato il turno di Yahoo e nel 2009 fu la volta di Google , Facebook e di PalTalk . Una tempistica differente per un unico obiettivo: raccogliere di informazioni dai server delle aziende coinvolte. E se Obama ha difeso l’operato della NSA Microsoft, Google e Apple hanno asserito di ignorare il PRISM, giurando di non aver fornito accesso ai propri server alle autorità statunitensi. Ma è certo che i colossi della rete di Silicon Valley di fatto parteciparono al programma di controllo ‘Prism’ portato avanti dall’intelligence Usa. Perché di controllo si tratta, che si chiami in ballo o meno le paure post 11 settembre. Secondo il New York Times veri e propri negoziati intercorsero tra rappresentanti della National Security Agency e grandi gruppi del web come Google, Yahoo, Microsoft, Facebook, Aol e Apple. Tutti più o meno supini tranne Twitter, a detta del New York Times. Intanto il presidente americano ha fatto recentemente un autogoal, sostenendo che «non è possibile coniugare il 100 per cento di sicurezza con il 100 per cento di rispetto della privacy». Una ammissione, in pratica. Prima di Obama, però, la palla fu di Bush. Accadde nell’ agosto 2007: il Congresso approvò il “Protect America Act”. Bush firmò quello che andava a colmare alcune lacune del “Foreign Intelligence Surveillance Court” (FISC). Quest’ultimo dava maggiore attività di sorveglianza rispetto a quanto, fino a quel momento, la NSA potesse esercitare. Ma c’è di più. Anche l’intelligence inglese è coinvolta. Nel giugno dello scorso anno la “Government Communications Headquarters”, ossia la sezione che si occupa di garantire la sicurezza delle informazioni del Regno Unito, avrebbe avuto accesso al sistema PRISM. Parbleau. E’ il segreto di Pulcinella, allora? Di certo roba che scotta perché il Foreign Intelligence Surveillance Act concerne l’intercettazione con finalità di antiterrorismo di comunicazioni elettroniche tra obiettivi stranieri e soggetti negli Stati Uniti. Chapeau! Esso consente di ottenere l’autorizzazione a seguire le comunicazioni dei sospetti per un periodo che può durare fino a un anno. Il nodo controverso non sta nella legge che autorizza la Nsa, in pratica il Foreign Intelligence Surveillance Act. Il problema è per i colossi su citati accusati dal New York Times: le aziende sono obbligate per legge a rispondere ad una richiesta di informazioni formulata in base al Foreign Intelligence Surveillance Act, ma non sono però tenute e facilitare il compito al governo. Questo è stato rifiutato da parte di Twitter, unico ad uscire pulito, per dire così, dall’inchiesta del New York Times. Mariantonietta Sorrentino