Teramo. La Asl “racconta” la pandemia agli studenti della scuola media di Sant’Omero e lo fa con l’aiuto di uno psichiatra, particolarmente attento alle modalità con cui affrontare un argomento tanto delicato. Gli alunni della classe 2F giovedì scorso hanno fatto una video intervista allo psichiatra Domenico De Berardis del Dipartimento di Salute mentale della Asl di Teramo.
Come è cambiato il modo di lavorare negli ospedali a causa del Covid? Avete avuto paura di riportare i virus nelle vostre famiglie? In che modo la pandemia ha costretto a rivedere l’organizzazione del lavoro? Come si a comunicare ad una famiglia l’avvenuto decesso per Covid? Sono state queste alcune delle domande che i giornalisti in erba della scuola secondaria di primo grado di Sant’Omero hanno rivolto al medico, incaricato dalla direzione generale dell’azienda di soddisfare tutte le curiosità dei ragazzi sulla situazione attuale della pandemia.
L’iniziativa rientra in un progetto scolastico, curato dalla docente Manuela Martella, che vede impegnati gli studenti nella realizzazione di uno speciale sul Covid e che ha avuto come momento iniziale la somministrazione di un sondaggio, preparato dai ragazzi stessi, rivolto ai loro coetanei per conoscere le loro difficoltà, aspettative e bisogni in questo periodo di pandemia. Prima dell’intervista allo psichiatra i ragazzi hanno intervistato la dirigente dell’Istituto comprensivo Nereto-Sant’Omero-Torano, Laura D’Ambrosio, sulle difficoltà e sui cambiamenti riguardati la realtà scolastica locale.
Il ciclo di incontri si concluderà con un incontro, in programma la prossima settimana, con il primo cittadino vibratiano Andrea Luzii.
Oltre a far conoscere ai ragazzi i dati relativi all’andamento dei contagi, Domenico De Berardis ha anche illustrato le difficoltà che gli operatori sanitari vivono quotidianamente in prima linea nella lotta al coronavirus: dalla particolare “vestizione” necessaria per poter operare in sicurezza nei reparti, alle difficoltà di quanti sono stati costretti a vivere temporaneamente lontani dalle loro famiglie, dalla diversa organizzazione del lavoro nelle strutture sanitarie, all’umanità respirata e vissuta in corsia essendo spesso gli unici canali di comunicazione tra i pazienti e le loro famiglie.