Ieri sera gli iconici Duran Duran hanno infiammato l’i-Days al San Siro con 20 hit che hanno attraversato 45 anni di carriera. Uno spettacolo potente, ma con dettagli da festival che hanno appannato la magia: regia imperfetta, visibilità non ottimale e assenza di grandi sorprese scenografiche.
Nostalgia canaglia. A vedere i Duran Duran ci sono 20mila persone, almeno due terzi delle quali appartengono alla boomer generation. Ma la cosa più bella è vedere moltissime ragazze che avrebbero sposato Simon Le Bon che in realtà poi hanno sposato qualcun altro e si sono portati marito e figli allo show.

L’appuntamento dell’Ippodromo di San Siro è un pretesto non solo per ripercorrere una carriera che ormai sta per doppiare i cinquant’anni, ma anche per ricordare non solo la musica ma anche il modo di vivere un evento, il concerto, che oggi sembra lontano anni luce da quella che è l’attualità.
Duran Duran, consoidata esperienza
In un set di 20 brani, e potevano essere almeno il doppio considerando la loro straordinaria produzione che anche recentemente merita di essere considerata, i Duran Duran hanno dimostrato di essere una band solida, di grande esperienza, capace di tenere il palco e di interagire con il pubblico in modo brillante e autoironico.
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Come quando Roger Taylor ricorda il primo viaggio in Italia, a Sanremo, quando Simon ubriaco si ruppe un piede correndo di notte sulla spiaggia per esibirsi il giorno dopo ingessato. Roger, il batterista, di lì a poco se ne sarebbe andato per tornare molti anni più tardi. E la band si sarebbe divisa e poi riunita, senza mai rinunciare a quel gusto molto anni ’80 per la verità di evolversi restando fondamentalmente se stessa: tra citazioni cinematografiche, elettronica quanto basta e un gusto molto attento nella creazione e nella gestione delle hit.
Voce e grande energia: i Duran oggi
Simon Le Bon ha dimostrato di saper reggere il palco come ai vecchi tempi: nonostante qualche acciacco vocale sporadico e un po’ di pesantezza che non gli impedisce di sfruttare il palco, il cantante ha offerto una performance intensa e carismatica. L’intesa dei quattro fondatori – Simon con Nick Rhodes alle tastiere, John Taylor al basso e Roger Taylor alla batteria cui si è aggiunto Dom Brown, chitarrista di spessore al posto di Andy Taylor, di nuovo lontano dalla band dopo il rientro di Astronaut e ultimamente alle prese con le conseguenze di una grave malattia – ha dimostrato di essere ancora in formissima e in totale empatia col pubblico.
Lo show di Milano
Uno spettacolo piacevole. Forse meno lungo del previsto, anche se in media rispetto ai concerti – splendidi – di Assago (2005 al Forum e 2016 in un orrido spazio all’aperto con vista sulla tangenziale) e del 2008 all’Idroscalo, forse il più bello e completo in assoluto. I Duran Duran non hanno mai offerto scalette eterne e spettacoli di tre ore. Ma al pubblico basta: e fortunatamente le 20mila presenze, educate e garbate in un caldo insopportabile, rendono il tutto piacevole e per nulla stressante.
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Debolissimo invece il preshow: un evitabile dj-set e lo spettacolo dei pur bravi Les Votives, visti a X-Factor ma su un palco troppo grande per loro, in un contesto troppo distratto per farli apprezzare.

Atmosfera e pubblico
Il pubblico, trasversale per età, ha risposto con entusiasmo: cantava, ballava, si lasciava coinvolgere. Molti dei presenti erano trentenni o quarantenni cresciuti con i Duran, che hanno trasformato le prime file in un vero e proprio rituale musicale. Le Bon ha offerto brevi riflessioni, invitando a non girarsi dall’altra parte di fronte alle ingiustizie globali, citando Gaza e Ucraina, portando una nota di impegno civile che per la verità la band ha sempre sostenuto con forza e senza autoreferenzialità.
Scelte musicali: equilibrio tra classici e sperimentazione
La setlist ha puntato forte sui grandi classici: fin da subito con Wild Boys e Hungry Like the Wolf, poi con Planet Earth, Ordinary World e Notorious e un paio di curiosità come la cover degli Electic Light Orchestra Evil Woman o Psycho Killer dei Talking Heads mashata con Girls on Film anche per rendere attuale gli elementi dal loro ultimo lavoro Danse Macabre che include molti brani di repertorio altrui.
Finale molto divertente che include gli auguri a John Taylor che a Milano festeggia i suoi 65 anni, e una versione strepitosa di Rio che manda tutti a casa.
La scaletta dei Duran Duran all’Ippodromo di San Siro
Velvet Newton
Night Boat (Danse Macabre version)
The Wild Boys
Hungry Like the Wolf
A View to a Kill
Invisible
Notorious
Nite-Runner / All She Wants Is
Lonely in Your Nightmare / Super Freak
Evil Woman (Electric Light Orchestra cover)
Friends of Mine
Careless Memories
Ordinary World (dedicata ai popoli di Gaza, Israele e Ucraina)
Come Undone
(Reach Up for the) Sunrise
Planet Earth
The Reflex
White Lines (Don’t Don’t Do It) (Grandmaster Melle Mel cover)
Girls on Film / Psycho Killer
BIS
Save a Prayer
Happy Birthday to You (per il 65° compleanno di John Taylor)
Rio





