“Finalmente – si legge nella nota – in questi giorni, dopo tanto penare di controversie attribuzionistiche a seguito del cosiddetto “ritrovamento” (che ritrovamento è stato solo per chi l’ha effettuato) dell’opera nella Sala Buozzi, il Vedova è stato affidato con bando di gara alle mani di una restauratrice. Senza voler tornare sulle vicende che hanno accompagnato il “rinvenimento” di quest’opera che venne inviata da Emilio Vedova, per il tramite di Franco Summa, a capo della sezione arti visive della bella estate culturale di “Agorà”, di ormai tanti anni fa, Italia Nostra Giulianova plaude alla decisione di recuperare questa testimonianza artistica alla collettività, non per il suo valore commerciale, ma per la salvaguardia del patrimonio culturale, anche contemporaneo, della nostra città. Tuttavia, seppure riconosciamo che l’opera, facente parte dell’“Operazione 24 fogli, Dissuasione manifesta”, ideata da Enrico Crispolti all’inizio degli anni Settanta, fosse bisognosa di intervento, certamente non è condivisibile il fatto che si sia lasciata in un angolo la “collezione Bindi”. Certamente il nome di Emilio Vedova è apparso più d’effetto, perché maggiormente conosciuto dal pubblico e dal mercato dell’arte, rispetto ai nomi di Giacinto Gigante o dei Carelli”.
Pertanto, Italia Nostra Giulianova richiama l’attenzione dell’amministrazione comunale, e soprattutto dell’assessore alla Cultura, affinché “si provveda a programmare un progressivo piano di risanamento e restauro delle tele, per la maggior parte ascrivibili alla “Scuola di Posillipo”, grande tesoro di Giulianova da troppi anni lontano dal palazzo di Corso Garibaldi che l’ha sempre ospitato”.
L’associazione auspica dunque, che la collezione possa essere esposta al più presto nei rinnovati locali della Pinacoteca Civica, e si provveda nello stesso tempo a fare il possibile per fermare il degrado delle opere.
“Un intervento – conclude la nota di Italia Nostra – dovuto sia alla memoria del benemerito donatore, Vincenzo Bindi, sia per mantenere in vita una collezione che, se valorizzata, come ottimamente ha fatto negli anni il Museo dello Splendore con le scuole, porterebbe giuliesi e turisti nel nostro centro storico”.
La replica dell’assessore Ranalli. “Mi fa piacere che Italia Nostra esprima compiacimento relativamente alla nostra iniziativa di procedere al restauro dell’opera di Emilio Vedova, per molti anni lasciata nel più totale abbandono e pressoché dimenticata. E colgo l’occasione per rassicurare l’associazione, e quindi i cittadini che come noi hanno a cuore il patrimonio artistico e pittorico cittadino, che questa Amministrazione si è attivata da tempo effettuando, con un approccio serio e scientificamente orientato, una ricognizione completa delle opere d’arte possedute dal Comune proprio per procedere a successivi interventi di restauro”. Queste le parole dell’assessore alla Cultura Nadia Ranalli in risposta ad un comunicato stampa diffuso dalla sezione giuliese di “Italia Nostra” in cui si richiama l’attenzione dell’amministrazione sulla “collezione Bindi”, secondo l’associazione “lasciata in un angolo”.
“Nulla è stato lasciato in un angolo, anzi. Lo dimostra il fatto che già nell’ottobre 2009, a pochi mesi dall’insediamento della Giunta, il mio predecessore Luciano Crescentini, recependo un preciso orientamento del sindaco Francesco Mastromauro, e dando altresì piena attuazione alla perseguita collaborazione tra cittadini e amministrazione – spiega l’assessore – si avvalse della collaborazione offerta a titolo gratuito da due esperte in restauro con lo scopo di monitorare, studiare e segnalare lo stato di conservazione delle opere d’arte, in particolare dipinti su tela, tavola e supporto cartaceo della collezione “Bindi” di proprietà comunale. Grazie ad un lavoro attento e certosino e, ripeto, a costi zero per l’Amministrazione oggi disponiamo di una minuziosa schedatura delle opere, suddivise tra catalogate e non catalogate, tutte fotografate e inserite in un CD rom, con l’indicazione delle criticità e delle problematiche esistenti sulle quali intervenire a secondo della maggiore o minore urgenza. E in proposito è bene sottolineare – conclude Nadia Ranalli – che questa ricognizione, la prima effettuata da circa quindici anni, è stata effettuata con l’ausilio delle schede di catalogazione fornite dall’ufficio di Sulmona della Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici dell’Abruzzo, ed ha permesso di evidenziare, tra l’altro, numerose imprecisioni di compilazione quali tecnica di esecuzione e dimensioni”.