Il sindaco della città di Teramo Gianguido D’Alberto, a un anno dalla pandemia, ha scritto una lettera ai suoi concittadini.
Carissimi concittadini,
un anno dopo, ci ripetiamo le stesse parole che abbiamo usato sin dal primo giorno: andiamo avanti insieme! Dodici mesi: un tempo troppo lungo per vivere in sofferenza, in apprensione, in sospensione, nell’attesa tormentosa che arrivasse l’epilogo di una pandemia sanitaria che nessuno avrebbe mai pensato di dover conoscere e di dover affrontare.
Inizialmente ci siamo sentiti protetti, poiché il virus era lontano da noi; poi però, è arrivato con una velocità tale da proiettarci in uno scenario surreale, mai ipotizzabile: città vuote, aziende ed attività chiuse, scuole ed università deserte, strutture ospedaliere nel caos. E poi angoscia e paura, individuale e collettiva.
Tutti ci siamo ritrovati a dover fronteggiare qualcosa di sconosciuto, invisibile, ma eccessivamente subdolo e pericoloso, che ci ha portato via per sempre troppe persone care, tanti concittadini. Un dolore diffuso, continuo, cui per fortuna non ci siamo mai rassegnati.
In molti hanno meravigliosamente fatto la propria parte; fra tutti, le professionalità sanitarie, che hanno profuso energie senza mai risparmiarsi, sacrificando anche i tempi di recupero per curare i positivi e rispondere al meglio all’andamento e all’evoluzione del virus. Tante poi le donne impegnate in prima linea nel continuare la professione, il lavoro, non attribuendogli alcuna eccezionalità, ma aggiungendovi ancora più dedizione e passione.
E anche noi, che dal ruolo ricoperto ci siamo sentiti chiamati ogni giorno, in ogni occasione, a rispondere con i fatti e con la nostra stessa presenza, alle attese dei concittadini. Abbiamo dovuto infondere sicurezza e gestire la paura. Una paura che però è inevitabilmente ancora troppo presente. E’ giunta la terza ondata, caratterizzata dalle varianti che si diffondono molto velocemente raggiungendo anche i più giovani, nonché i giovanissimi, così da riportare nuovamente tutte le attività didattiche a distanza, così da imporre ancora ulteriori restrizioni ad alcune tipologie di attività, così da disilluderci e chiederci altri sacrifici.
Lo sforzo, allora, è di continuare ad impegnarci al massimo nel contrastare la diffusione del virus, ciascuno apportando il proprio contributo, anche se questo sta a significare il contrario di ciò cui, fino ad un giorno prima di un anno fa, eravamo invece abituati: perché è ancora necessario il distanziamento, perché sono necessarie chiusure ed impedimenti vari, perché è inevitabile continuare a ridurre i contatti sociali diretti e ravvicinati.
In questo scenario torniamo a ricordare quanto affermato da un dirigente medico, da sempre in prima linea : “…la guerra, questa guerra, si combatte dentro gli ospedali, ma si vince fuori”. Il “fuori” siamo noi, con i nostri cari e nella nostra città dove dobbiamo preservarci col rispetto delle norme, delle prescrizioni, delle regole.
Dobbiamo vincere! Insieme.
Gianguido D’Alberto