Non più ripascimento morbido, i cui lavori hanno vita breve con dispersione di denaro pubblico letteralmente in mare, ma una soluzione più concreta e valida. La richiesta era stata avanzata già qualche tempo fa dai balneatori, ribadita ora con maggiore forza da tutti quegli operatori le cui concessioni demaniali sono ridotte ai minimi termini per via dell’erosione.
A Roseto le zone critiche sono a sud del pontile, a Cologna nel tratto centrale del lungomare, tra il camping Nino e la “blocchiera”. Le scogliere al largo sono sprofondate nel fango e nella sabbia e la loro efficacia nel contrastare il fenomeno erosivo determinato soprattutto dalle mareggiate da levante e da grecale è quasi nulla. Gli interventi di ricarico sono stati eseguiti una sola volta negli ultimi 10 anni. Le strade da seguire, come hanno suggerito gli stessi operatori balneari sono due.
La prima prevede la chiusura dei varchi tra una scogliera e l’altra, il potenziamento di quelle esistenti. La seconda soluzione potrebbe essere invece la ricostruzione delle barriere, magari utilizzando anche i materiali recuperando gli scogli esistenti, sistemandole a spina pesce in modo tale da formare un angolo retto rispetto alle mareggiate da levante che sono quelle con maggiore forza erosiva.
Secondo l’Ufficio del Demanio, però, recuperare i materiali per ricostruire le scogliere magari anche spostandole più al largo avrebbe un costo maggiore rispetto ad esempio all’utilizzo di nuovi materiali. Sta di fatto che una soluzione deve essere adottata per contrastare il fenomeno erosivo. C’è chi, come nel caso del titolare del camping Stella Maris di Cologna, da 120 ombrelloni che sistemava un tempo, oggi ne può piazzare appena 48. E non per colpa del Covid19.