Per questo motivo, i detenuti del carcere teramano promettono forme di protesta pacifiche, come lo sciopero della fame di 8 giorni assieme a scioperi del carrello e battiture.
“La lotta alla sopravvivenza e l’egoismo che vigono dentro queste mura – fanno sapere in una nota – sono stati abbattuti dalla solidarietà fraterna che ci ha reso consapevoli che solo la lotta paga. Non c’è un’adesione totale ma una grande risposta sì e la vicinanza avuta dai tanti movimenti antagonisti impegnati nella lotta anticarceraria hanno portato come primo risultato quello di far uscire la nostra voce fuori da queste mura”.
Deciso, inoltre, di non limitarsi alla sola protesta, ma di incontrare anche l’amministrazione penitenziaria, che ha ascoltato le problematiche e le difficoltà esistenti nella struttura.
“Sappiamo dai dati – continuano i detenuti – che giungono da ogni parte che la situazione è realmente al collasso e con questa pacifica protesta chiediamo innanzitutto risposte a questo scempio tutto italiano. Questi luoghi vengono dipinti come posti adibiti alla rieducazione e al reinserimento del detenuto, ma la realtà è ben diversa. Qui l’essere umano viene annientato fisicamente e psicologicamente, e l’unico risultato posto in essere è la formazione e la specializzazione del delinquente. La mobilitazione è un mezzo per far conoscere tutti gli abusi che siamo costretti a vivere e proviamo, nel limite che una carcerazione comporta, di creare una coscienza comune che sia in grado di ottenere migliori condizioni di vita e il rispetto dei diritti naturali dell’uomo. Hanno creato carceri adatte a bestie e come animali ci rinchiudono dentro delle celle ammassati gli uni sopra gli altri; tentano di toglierci anche la dignità ma per persone a cui hanno già tolto tutto questo sarà difficilmente possibile. Noi continuiamo la lotta nella speranza che la nostra voce tocchi i vostri cuori. Un mondo migliore è possibile”.