Ma Gi Group non ci sta, spiegando che “la scelta dei candidati da inviare in missione è stata effettuata all’interno di un novero di diverse candidature e sulla base di criteri di selezione professionali volti ad accertare la corrispondenza delle competenze al ruolo richiesto”.
Gi Group rigetta, pertanto, “l’accusa di perseguire prassi orientate alla discriminazione di donne in stato di gravidanza. Prassi che sono completamente estranee ai propri valori e procedure aziendali e che contrastano, inoltre, con la realtà di tutti i giorni: sono 89 le donne in stato di gravidanza in missione in aziende clienti dall’inizio dell’anno. Inoltre, a conferma dell’attenzione per la questione dell’occupazione femminile, Gi Group, unica agenzia per il lavoro in Italia, ha avviato due anni fa il progetto Moms@Work, il primo servizio in Italia completamente dedicato all’intermediazione professionale, al reinserimento e alla valorizzazione professionale delle mamme”.
Gi Group afferma anche che “si sta adoperando nell’interesse della candidata, come del resto avviene quotidianamente con tutti i candidati, a ricercare soluzioni lavorative idonee e coerenti con il profilo professionale della stessa”. Allo stesso tempo, per allontanare qualsiasi dubbio sulla correttezza e professionalità del proprio operato, Gi Group ha avviato una verifica interna volta ad accertare se, nel corso della vicenda, siano emersi comportamenti non coerenti con le procedure e i valori aziendali.