L’attività illecita era regolamentata in maniera molto semplice: c’era un numero di telefono, che veniva pubblicizzato su giornali specializzate e siti internet, una centralinista (cinese), che smistava i clienti (in gran parte italiani) nei vari appartamenti, dove alloggiavano le prostitute, tutte di nazionalità asiatica, che offrivano la prestazione sessuale al costo di 50 euro circa. Gli affittuari di questi appartamenti erano tutti cinesi, con regolare permesso di soggiorno e per la stipula del contratto di locazione percepivano somme variabili tra i 1000 e i 2000 euro. Le prostitute, poi, avevano l’obbligo di consegnare ai loro sfruttatori il 60 per cento del guadagno. L’incasso veniva, quindi, trasferito in Cina per mezzo di bonifici bancari.
“E’ stata un’attività molto complessa” spiega il capo della Squadra Mobile di Teramo, Gennaro Capasso “soprattutto per le difficoltà riscontrate nelle intercettazioni, legate alla lingua parlata. In questi nove mesi di indagine, inoltre, nove persone sono state arrestate in flagranza di reato per violazione di reati sull’immigrazione. In totale, sono 30 le prostitute cinesi identificate, 18 delle quali sono state rispedite in patria. A questo punto, la prima fase dell’indagine può dirsi conclusa. Ora porteremo avanti ulteriori accertamenti su coloro che hanno affittato questi appartamenti sulla costa”.