Si conoscerà entro una decina di giorni il parere della curatela fallimentare del Cirsu, il consorzio intercomunale per i rifiuti solidi urbani, circa la disponibilità a riaprire i capannoni per il conferimento e trattamento dei rifiuti organici.
I tre curatori in questi giorni stanno esaminando attentamente tutte le carte che sono state consegnate dall’Arta, l’agenzia regionale per la tutela dell’ambiente, e dalla Direzione Rifiuti della Regione Abruzzo sui lavori che sono stati eseguiti nelle ultime sei settimane di messa a norma del reticolato per la raccolta del percolato e di sigillatura dei capannoni per impedire la dispersione di cattivi odori.
Interventi a carico del CSA, il Consorzio Stabile Ambiente dell’Aquila che gestisce una parte degli impianti di Grasciano. Sono almeno due i capannoni utilizzati per il compostaggio dei rifiuti organici. Ce ne sarebbe anche un terzo, ma inutilizzabile perché sotto sequestro già alcuni anni, dopo il fallimento di Sogesa, che era il braccio operativo del Cirsu.
Quel capannone attualmente contiene tutto il materiale organico che era stato conferito all’epoca e che dovrebbe essere rimosso nel momento in cui verranno rilasciate le autorizzazioni dagli organi competenti. Ma quello che conta di più ora è la riattivazione della linea di conferimento del pattume organico per la lavorazione e la trasformazione direttamente nella struttura del Cirsu, evitando il trasferimento dei materiali prodotti nei sei comuni consorziati (Giulianova, Roseto, Bellante, Mosciano, Morro D’Oro e Notaresco) in altri impianti della provincia con un aggravio di costi per le casse degli Enti.
Intanto, il fallimento del Cirsu apre le porte all’interessamento di gruppi di privati che operano nel settore dei rifiuti nei confronti degli impianti di Grasciano.