Si tratta di Claudio D’Amario (in foto), all’epoca dei fatti direttore generale della Asl di Pescara, poi direttore generale dell’area prevenzione del ministero della Salute, attualmente direttore del Dipartimento Sanità della Regione Abruzzo; con lui erano imputati il dirigente dell’ufficio Gestione del patrimonio della Asl Vincenzo Lo Mele, l’imprenditore Erminio Cetrullo, il responsabile unico del procedimento Luigi Lauriola
Le accuse, a vario titolo, erano di truffa, turbata libertà degli incanti e turbata libertà del procedimento di scelta del contraente.
Nel marzo 2019 in quattro furono rinviati a giudizio, dal gup del tribunale di Pescara Elio Bongrazio. A giudizio del pm, il prezzo d’acquisto del palazzo da parte della Asl “sarebbe stato sovrastimato di almeno 740mila euro rispetto al reale valore di mercato”, e avrebbe procurato “un ingiusto vantaggio patrimoniale” all’imprenditore Cetrullo.
Per tutti, come ricorda oggi il quotidiano Il Centro, la pubblica accusa, sostenuta in dibattimento dal procuratore aggiunto Anna Rita Mantini e dal sostituto Luca Sciarretta, aveva chiesto la condanna a 22 mesi di reclusione ciascuno, con la Asl che si era costituita parte civile tramite l’avvocato Barbara D’Angelosante.
I legali di D’Amario “avevano sostenuto che l’acquisto di un immobile che doveva ospitare gli uffici amministrativi della Asl doveva rispondere a specifiche caratteristiche, contestando anche le affermazioni dell’accusa in relazione ai ‘requisiti stringenti’ imposti dalla Asl in quella che fu un’indagine di mercato, peraltro prevista anche dal nuovo codice degli appalti”.