Lo fa ai microfoni della TGR Abruzzo della Rai, in un’intervista successiva alla sentenza che, giovedì scorso, ha visto 25 assolti e 5 condannati, scatenando polemiche e indignazione dei famigliari delle vittime (oltre che dell’opinione pubblica).
Proprio i familiari hanno sempre sostenuto che la tragedia fosse evitabile: “Assolutamente sì, se si liberava la strada almeno i clienti sarebbero salvi. E’ questo il dramma della situazione, non aver mandato la turbina alle 5 del mattino”, concorda Provolo, ricordando a chi lo ha intervistato che all’alba di quel 18 gennaio 2017 alcuni dipendenti della Provincia parlarono di “situazione drammatica” e della necessità di liberare la strada, bloccata da diversi metri di neve, per mezzo di una turbina.
“Se lo sono detti tra di loro, ma ai tavoli che erano in Prefettura, ormai dal giorno 16, non è stato riferito niente”, aggiunge però Provolo, proseguendo: “Se venivo a sapere una cosa del genere, perché non dovevo mandare la turbina lì?”.
Una vicenda, legata all’inchiesta bis sul depistaggio, che ha travolto Provolo così come la valanga ha fatto crollare il resort di Farindola uccidendo 29 persone: “La mia carriera è finita con Rigopiano, sono in pensione da due anni e mi dedico alla famiglia. Ora sono contentissimo e i miei non soffrono più”, ha concluso ai microfono della testata regionale Rai.