E’ quello che fa da un anno, applicando uno schema terapeutico messo a punto durante la prima ondata e da adattare caso per caso, il ‘Comitato Cura Domiciliare Covid-19’ e che ha ribadito, nella tappa di ieri sera a Pescara, davanti a circa duemila persone, il presidente del Comitato, Erich Grimaldi, affiancato da medici e pazienti, guariti dopo essere stati supportati in telemedicina e a domicilio, saliti sul palco in piazza Salotto a raccontare la loro esperienza diretta.
Il Comitato a luglio scorso ha consegnato al ministero della Salute quasi 30 mila sottoscrizioni di cittadini che chiedono l’inserimento dello schema terapeutico del comitato nelle linee guida del Ministero. “L’approccio della vigile attesa ha provocato migliaia di morti che si potevano evitare”, ha detto Grimaldi sottolineando l’importanza delle cure domiciliari precoci, “Siamo stati in Lombardia, in Molise e poi in Abruzzo. Qui abbiamo incontrato l’assessore regionale Verì e il direttore dell’Agenzia sanitaria regionale Cosenza, stiamo ancora aspettando una risposta. Un consigliere regionale ha fatto approvare in Quinta Commissione il 25 maggio scorso una risoluzione in merito al nostro protocollo.
Ma tre mesi dopo non ci sono state ancora modifiche in tal senso. Invece abbiamo ancora gente che si ammala, vaccinata o non vaccinata, la lasciamo con la vigile attesa di 72 ore, con febbre anche lieve, ma che può degenerare, solo perché non vogliamo somministrare dal primo giorno un antinfiammatorio che si dà anche per il mal di testa”.
Grimaldi ha poi affrontato il tema del tentativo di sigle sindacali di diffamare il lavoro dei medici del gruppo, per il quale ha annunciato battaglie in tribunale, riferendosi in particolare al caso della Regione Sardegna, nato “in seguito alla decisione dell’assessorato alla Sanità di inviare il protocollo per le cure domiciliari del nostro comitato ai medici di medicina generale”.