Potrebbe essere l’incidente probatorio a fornire maggiori elementi sul coinvolgimento dei tre indagati, iscritti nel registro sabato scorso, nell’omicidio di Italo Ceci. Il pm del Tribunale di Pescara, Silvia Santoro, titolare dell’inchiesta sull’omicidio dell’ex appartenente alla banda Battestini, ha avanzato al Gip la richiesta per sottoporre a un confronto diretto i tre uomini accusati di aver preso parte al delitto avvenuto la sera del 20 gennaio 2012.
Erano da poco passate le 19:30 quando Ceci, 58enne considerato il “pentito” della banda in azione negli anni ’80, da tempo redento e impiegato nel negozio di vernici Color Quando, fu freddato mentre abbassava la serranda dell’esercizio all’angolo fra via De Amicis e piazza Martiri Pennesi. I colpi di una pistola che lo freddarono furono esplosi da un uomo dal volto coperto con una sciarpa, poi fuggito a bordo di una Fiat Punto rubata a Montesilvano.
Per tutti questi mesi è stato solo l’identikit dell’assassino, un uomo robusto, di bassa statura e apparentemente calvo, a rappresentare l’unico elemento in mano agli inquirenti. Poi, sabato pomeriggio, i tre nomi comparsi sul registro degli indagati. Il primo, quello più noto, è quello di Massimo Ballone (in foto), uno dei capi della Battestini, fin da subito professatosi estraneo e, nel frattempo, tornato in carcere a Lanciano per una seconda ondata di crimini commessi negli ultimi anni. Il secondo è quello di Michele Rossoni, piccolo imprenditore edile 54enne, noto per alcuni trascorsi giovanili negli ambienti “caldi” di San Donato e Rancitelli. L’ultimo e quello del 47enne giardiniere di Spoltore Mario D’Emidio, finito in manette lo scorso anno per questioni di droga.
Il quadro indiziario che racchiude i tre sotto l’accusa di omicidio in concorso è stato tracciato in base ai tabulati telefonici che, nelle ore immediatamente successive all’omicidio, ha visto Ballone, Rossoni e D’Emidio scambiarsi alcune comunicazioni. Per la squada mobile e per Pier Francesco Muriana, dirigente che ha guidato le indagni, Ballone sarebbe il mandante, Rossoni il killer che corrisponde all’identikit e D’Emidio avrebbe collaborato all’agguato. Tutti dichiarati estranei, non sono stati raggiunti da custodia cautelare ma, in queste ore, attendevano l’avvio degli esami sul dna. Il prelevamento, cioè, di alcuni loro campioni da confrontare con alcuni oggetti ritrovati sull’automobile utilizzata dall’assassino per la fuga. Chi ha sparato a Ceci, infatti, prima di abbandonare la Punto ha incautamente lasciato nell’abitacolo le cicche di qualche sigarette fumate nell’attesa della vittima, un cerotto e, involontariamente, ha perduto qualche capello.
Già oggi l’esecuzione del test avrebbe dovuto essere assegnata al genetista di fiducia della Procura, Liborio Stuppia, ma le eccezioni sollevate dalla difesa hanno portato allo slittamento. L’incidente probatorio, se accettato dal giudice per le indagini preliminari, porrà ai tre la consunta domanda: “Dov’era quella sera?”. Rossoni ha già risposto di essere in casa a festeggiare con la numerosa famiglia l’anniversario di matrimonio.