Pescara. Il Tar boccia il complesso edilizio sul lungomare sud: il progetto della Pescaraporto, in variante al piano particolareggiato 2, si ferma dopo i ricorsi degli albergatori. Acerbo (Rc) in festa: “Avevamo ragione noi”, e ora il Comune paga le spese per le “deduzioni sbagliate”.
Il tribunale amministrativo regionale ha annullato il permesso rilasciato dal Comune di Pescara alla Pescaraporto srl, che avvalendosi del decreto sviluppo aveva progettato la costruzione di un complesso edilizio sul lungomare sud. La vicenda aveva sollevato pesanti polemiche contro l’amministrazione Mascia relative al contrasto tra il permesso sorto con la norma del Governo Monti e i vincoli urbanistici del piano particolareggiato 2. In primis fu il consigliere regionale e comunale di Rifondazione Comunista Acerbo a scagliarsi contro la squadra del sindaco: “Il rilascio di quel permesso”, commenta ora, “non era un atto dovuto come hanno sostenuto autorevoli esponenti del Pdl e se avessero voluto ascoltare i miei numerosi interventi che avevano preceduto il rilascio si poteva evitare questa figuraccia”. Trova, ora, la ragione del Tar, Acerbo, che rimarca: “Siamo di fronte a una doppia bocciatura per l’amministrazione comunale che prima ha partorito un permesso illegittimo e poi lo ha pure difeso davanti al Tar”. E in aggiunta, per quel ricorso ora il Comune dovrà pagare non solo l’avvocato esterno ma anche le spese.
Al Tar si rivolse anche Acerbo, ma per illegittimità incasso la respinta. A segno, invece, è andato il ricorso presentato dagli albergatori dell’Hotel Regent, che hanno sostenuto lo svantaggio economico derivante dall’opera ritenuta illegittima. “La pianificazione della zona”, recita il Tar, “non avrebbe potuto essere stravolta e snaturata in ragione della dichiarata applicazione del c.d. decreto sviluppo. E’ pur vero, infatti, che tale norma prevede il riconoscimento di una volumetria aggiuntiva rispetto a quella preesistente come misura premiale, anche con la possibilità di modifica della sagoma, e che tale beneficio può essere ottenuto “anche con interventi di demolizione e ricostruzione”, ma tale premialità non può essere ottenuta in una zona nella quale l’edificazione è subordinata alla approvazione di un piano particolareggiato. In sostanza, il Pp2 fissa dei vincoli di altezza delle costruzioni che nemmeno un decreto statale può infrangere.
“Deve anche evidenziarsi”, conclude la sentenza, “che l’intervento programmato contrasta anche con il p.p. adottato; dall’esame, invero, della planimetria generale del piano adottato si rileva l’evidente contrasto delle opere assentite con quelle previste nel piano, non solo quanto alla localizzazione degli edifici, ma anche quanto agli indici previsti, che impongono una elevata percentuale delle aree di cessione che nella specie non risulta rispettata. (…) non erano stati rispettati alcuni degli standard, tra quali quelli relativi all’altezza”.