“Gli esiti delle analisi effettuate dalla proprietà hanno dato risultati positivi”, hanno fatto sapere tramite una nota stampa, “seppur con valori indicati ai margini dei limiti di tolleranza”.
La proprietà ha deciso di non rimuovere l’amianto, “preferendo l’incapsulamento e il confinamento dei pavimenti, tra l’altro limitando l’intervento esclusivamente alle parti deteriorate e a vista, quindi non sull’intera struttura, come invece sarebbe stato opportuno. I lavori sono iniziati da alcuni giorni e non è stata prevista l’evacuazione del personale, che verrà, di volta in volta, ricollocato nei piani o, addirittura, nei corridoi attigui alle zone da bonificare, con tutti i rischi che potrebbe comportare tale scelta”.
“Nel ricordare che la struttura, oltre ad ospitare i dipendenti, è quotidianamente visitata da contribuenti, professionisti, fornitori, ecc., appare fin troppo palese lo scarso interesse nei confronti della salute degli stessi.
Per decenni si è lavorato respirando una sostanza dichiaratamente nociva per la salute e non è detto che i valori rilevati laddove la pavimentazione è mancante in più punti siano realmente sotto i limiti previsti, perché le particelle cancerogene si sono da tempo diffuse nell’aria e, quindi, sono state respirate. Non sono pochi i dipendenti che nel corso degli anni sono stati colpiti da gravi malattie, a volte anche letali e a questo punto è lecito chiedersi se il malsano ambiente dove si trascorre oltre metà della vita, non sia fra le cause di queste”.
“Consapevoli che alla propria salute sono anteposti gli interessi economici dei proprietari della struttura”, i lavoratori hanno pensato di esercitare l’immediato diritto di accesso agli atti, di presentare un esposto all’ASL di competenza e di predisporre una diffida nei confronti dei responsabili, seguita da un esposto presso la Procura della Repubblica.