Quattro coltellate: una alla guancia, una all’addome, una allo sterno, e una, quella mortale, gli ha reciso profondamente la carotide, provocandogli il dissanguamento che lo ha portato alla morte. Così è morto Nicola Bucco, il 53enne ucciso mercoledì pomeriggio nel suo appartamento di via Leopardi. A stabilirlo è l’autopsia eseguita ieri dal medico legale Cristian D’Ovidio, incaricato dal titolare delle indagini, il pm Gennaro Varone.
A cercare di capire chi è stato a muovere quel coltello, invece, è Pierfrancesco Muriana, dirigente della squadra mobile, che dirige i lavori investigativi. Indagini perlopiù basate sugli interrogatori di chi conosceva la vittima, seguendo la traccia delle testimonianze fin qui raccolte. “Lavoriamo a 360 gradi, senza escludere alcuna pista”, afferma il questore Paolo Passamonti, scelta forzata, visto un movente che tuttora sembra non esserci.
Il passato di Bucco, piccoli precedenti per droga, sembra ormai lontano per portare gli investigatori a scandagliare l’ambiente dello spaccio. Un passato che l’ex moglie Mayla giura essere lontano dal presente tranquillo che viveva l’operaio in servizio sui cantieri autostradali, ormai a detta della moglie retto e senza cattive frequentazioni, al punto da affidargli tranquillamente il figlio 20enne, e perfino il piccolo avuto da un secondo compagno. Tranquillo anche per Vittorio Massacesi, il coinquilino con cui il 53enne divideva il seminterrato della traversa che costeggia il parco Villa De Riseis, l’ultimo ad averlo visto vivo intorno alle 14 nel proprio bar, quello del porto, colui che l’ha ritrovato riverso su un mobile della cucina in un lago di sangue. Alla polizia, Massacesi ha riferito di essere tornato a casa alle 18:00 e di aver trovato la porta d’ingresso socchiusa, e infatti nessun segno di effrazione è stato riscontrato, di aver trovato una pentola sul fuoco ancora acceso, altro segno che chi è entrato conosceva la vittima, non ha avuto motivo di fare irruzione o bisogno di innescare una colluttazione.
Sono passati tutti dalla questura, parenti e conoscenti, ma dalle loro testimonianze pare non saltar fuori niente di utile. Neppure dalla lite che Bucco aveva avuto pochi giorni prima essere ucciso con un uomo, una discussione vista e sentita da Massacesi e da chi il porto lo frequenta, come lo frequentava l’operaio ucciso, che all’occorrenza si era anche imbarcato su qualche peschereccio per sbarcare onestamente il lunario. Hanno sentito quell’uomo chiedere indietro 150 euro a Bucco, soldi dovuti per un computer non funzionante ma che Bucco non voleva rendere. Tesi riconducibile alla vendetta personale, unitamente al fatto che il referto autoptico riconduce i tagli ad una lama piccola, curva e affilata, come quella del coltello usato dai pescatori per liberare le reti. Ma quell’uomo sarebbe stato rintracciato, ascoltato, e rilasciato senza essere inserito nell’elenco dei sospettati, mentre l’arma non è stata ancora ritrovata. Così viene messa da parte, e rimane in ballo come tutte le altre, anche l’ipotesi vendicativa.
Non rimane che continuare ad ascoltare i conoscenti e a ‘interrogare’ la scena del crimine. La Scientifica ha rilevato le impronte, oltre che nell’appartamento, anche sul citofono, con la speranza che, se schedate, possano dire chi ha bussato alla porta di Bucco mercoledì tra le 14:00 e le 17:00. Elementi che verranno messi a disposizione degli uomini del gabinetto interregionale della polizia scientifica di Ancona, gli esperti che sono intervenuti in città anche per indagare sugli omicidi Ceci e Rigante, che entro martedì porteranno a Pescara il crime-scope e altri sofisticati strumenti in grado di scovare tracce biologiche ed ematiche lasciate sul luogo dell’omicidio.
Foto: Ansa