Pescara. L’ennesima aggressione in via Caduti per Servizio ai danni degli attivisti di Insieme per Fontanelle. Malmenata una donna, ma stavolta l’autore è stato arrestato. Non prima di finire in ospedale con la stessa vittima, dove ha continuato a minacciarla. E le intimidazioni sono proseguite anche oggi: il giudice lo ha messo ai domiciliari nel palazzo di fronte alla signora, ‘colpevole’ di denunciare gli atti criminosi su Facebook. Stamattina una delegazione di residenti si è presentata in Prefettura per lanciare l’allarme, ultimo di una lunga serie partita a settembre 2011.
Lei, 57 anni, da una vita residente in via Caduti per Servizio, da qualche anno attivista dell’associazione Insieme per Fontanelle, ormai più nota per gli atti intimidatori subiti che per i servizi che rende al rione popolare all’estremità ovest di Pescara. La signora L.C., come Nello Raspa, presidente dell’associazione dimessosi quando gli bruciarono la macchina e gli sfondarono la porta di casa a martellate, in quel settembre 2011 che segnò l’inizio dell’intimidazione seriale nei confronti della “gente per bene” di Fontanelle, è in prima linea per difendere i diritti alla sicurezza e alla legalità di chi abita in quei palazzoni. Questioni che non vanno a genio a chi, invece, dai quei palazzi spaccia, delinque e vive al di fuori delle norme più civili. Dopo la coraggiosa reazione alle intimidazioni, dopo le fiaccolate e i fari istituzionali puntati addosso, gli attivisti di Fontanelle hanno continuato a denunciare senza paura ogni giorno d’inferno, ogni gesto di quotidiana illegalità, ottenendo sì sfratti degli abusivi e arresti degli spacciatori, ma anche rischiando e subendo ritorsioni pesanti, fino alle aggressioni fisiche.
La signora L., come tanti coraggiosi, usa Facebook per rendere noto come si è costretti a vivere in quella zona, anche a quei pescaresi che, ad un paio di chilometri di distanza, predicano contro la “periferia criminale” ma preferiscono rimanerne ignari e non coinvolti. Racconta quasi ogni giorno delle macchine che piombano sgommando sotto i porticati in piena notte, abbassando la musica dello stereo solo per urlare direttamente dal finestrino all’inquilino dell’ultimo piano che è scaduto il termine per restituire i soldi di non si sa quale affare. Racconta che il semplice gesto di affacciarsi al balcone viene visto da chi spaccia per strada come tentativo di spiare, e tanto basta per essere minacciati di morte, anche con la pistola mostrata dalla cintola. Racconta di chi si ritrova il camion con pneumatici e teloni squarciati, perché parcheggiato laddove dà fastidio a traffici che hanno bisogno di vie di fuga sgombre e discrete.
Ma tutto questo raccontare non è andato giù a Moreno Sagazio, 28enne residente al civico 49, ritenuto dai residenti e dalla polizia pregiudicato e autore di vari gesti passati alle recenti cronache del quartiere. Ieri sera, come tante volte, la donna si è trovato il ‘dirimpettaio’ di fronte, in evidente stato di alterazione dovuta all’abuso di alcool, ma stavolta le minacce non si sono fermate alle parole. “La devi smettere di scrivere su Facebook”: questa la precisa accusa che la signora, ancora scossa, ha riferito di essersi sentita urlare in faccia dal ragazzo poco prima di mezzanotte nel cortile di casa, prima di una scarica di insulti e parolacce e degli schiaffi che le hanno causato una forte contusione. Ma non è bastato a soddisfare l’aggressore: mentre L. allertava le forze dell’ordine, Sagazio ha preso una spranga di ferro e le ha completamente distrutto la minicar, peraltro ferendosi ad una mano nell’impeto devastatore. Tre le pattuglie intervenute per placarlo, alle quali il giovane si è ribellato con sprezzo e senza timore reverenziale alcuno, divincolandosi più volte per tentare di completare l’opera, continuando imperterrito a minacciare la donna e i conoscenti intervenuti per soccorrerla.
La paradossale trama della triste vicenda si è consumata nei locali del Pronto soccorso dell’ospedale civile, dove la donna è arrivata in ambulanza e il suo aggressore a bordo di una Volante, per essere medicato alla mano: qui l’aggressione verbale è continuata ancora più cruenta, di fronte alle decine di persone in attesa di essere medicate. L. si è trovata nuovamente in balia di Sagazio, e giù ancora insulti pesanti, minacce di morte e di ritorsione contro i parenti. “Questo è solo l’inizio”, racconta ancora la donna di essersi sentita grugnire ad un metro dalle orecchie, distanza garantita solo dal cordone di agenti che cercava faticosamente di trattenere il furibondo. Una frase che fa più male, al cuore, di quanto ogni schiaffo possa fare in faccia. Ma L., ancora più coraggiosa, ritirato il referto con 5 giorni di prognosi è corsa in Questura a denunciarlo, querelandolo per minacce e danneggiamento, capi d’accusa che sono stati discussi nel processo per direttissima svoltosi questo pomeriggio.
Ma l’incubo e il paradosso non sono terminati qui. “Oltre il limite dell’esasperazione”, una decina di attivisti di Insieme per Fontanelle, guidati dal segretario dell’associazione Codici Domenico Pettinari, in mattinata si sono presentati in Prefettura, chiedendo un incontro con il Prefetto D’Antuono. A riceverli, in sua vece, è stato il vice Ida De Cesaris, che ha ascoltato con sensibilità i racconti drammatici dei cittadini, ormai pronti ad organizzare reazioni di massa di giustizia privata di fronte ad una “assenza di intervento delle istituzioni”. Hanno chiesto, come fanno da mesi, il ripristino del pattugliamento fisso di polizia in via Caduti per Servizio, dove le volanti sono rimaste permanentemente solo nei tre mesi successivi ai primi attentati a Nello Raspa. E mentre la vice di D’Antuono prometteva di riferire tutto al Prefetto, a Fontanelle Sagazio, riportato a casa nella notte, continuava a minacciare. La promessa di ritorsione è toccata all’anziano disabile che la signora L. accudisce: “Mi ha detto che tocca pure a me, che mi brucia la casa”, ha raccontato nel pomeriggio l’uomo. Quando la donna è rientrata in casa, intorno alle 13, il dirimpettaio era dinanzi al giudice per il rito direttissimo, che si è pronunciato per la misura cautelare degli arresti domiciliari, in attesa del giudizio. “Ora me lo ritroverò tutti i giorni sul balcone di fronte, pronto a rispettare le minacce che mi ha fatto”, ha detto in lacrime la signora, mentre nella sede dell’associazione firmava la delega all’avvocato Katia Ferri, legale di Codici Abruzzo, che a titolo gratuito se ne accollerà l’assistenza legale per la costituzione come parte offesa. “Sono decisa ad andare fino in fondo”, giura L.C., più preoccupata per le ferite psicologiche che del risarcimento dei danni e per la scarsa protezione che un ordine d’arresto domiciliare le possa garantire, senza un adeguato controllo della polizia. “Questa gente ha abbandonato l’omertà e vive a schiena dritta e testa alta”, commenta Domenico Pettinari, “ma non vuole più rischiare per denunciare, ha bisogno di prevenzione prima che le istituzioni intervengano a riparare i danni. Non vogliono più essere carne da macello e versare sangue perché manca un pezzo di Stato: sono ormai in tanti ad essere organizzati per reagire. Adesso, oltre ai segnali, servono anche interventi istituzionali concreti”.