La Corte d’Appello di Perugia, dopo l’annullamento in Cassazione della premeditazione, ha ridotto la pena a 17 anni per il rom, appartenente a una delle famiglie più note nella criminalità pescarese, che 5 anni fa terminò un raid punitivo, in compagnia di alcuni cugini (in carcere con pene dai 16 ai 13 anni), sparando a Rigante in un’appartamento di via Polacchi, probabilmente volendo colpire il fratello gemello della vittima.
La sentenza definitiva della Corte d’Assise d’appello di Perugia, emessa due giorni fa, giunge dopo la decisione dei giudici di Cassazione di annullare l’aggravante della premeditazione. Ha tenuto, dunque, banco la tesi difensiva degli avvocati Franco Metta e Giancarlo De Marco, secondo i quali il rom non voleva uccidere premeditatamente ma solo dare una dura lezione a Rigante: tra i due, la sera prima, c’era stata una pesante lite nel centro storico.
Ad avvalorare tesi, secondo gli avvocati, il brutale pestaggio che vide, prima di estrarre la pistola, Ciarelli accanirsi su Rigante per diversi minuti a colpi di casco, mentre la vittima si era riparata sotto un tavolo. La mira, con mano mancina, alla gamba anziché a organi vitali e il fuoco non fatto immediatamente dopo l’irruzione in casa di alcuni amici di Rigante, per gli avvocati, scagionano Ciarelli dall’omicidio premeditato.
Il colpo, però, colpi l’arteria femorale e provocò il dissanguamento letale.