I sigilli sono scattati per cinque notissimi locali della Pescara del divertimento e non solo. Sotto sequestro a partire dalle sette e mezzo di questa mattina sono finiti i due Caffè Venezia nella via omonima e in viale Regina Margherita, la panetteria “Piglia la Puglia” sempre in via Venezia e il pub Pianoterra in corso Manthonè, il ristorante “Università della pizza” in piazza Martiri Pennesi, locali tutti riconducibili alla famiglia pugliese dei Granatiero, che secondo l’inchiesta condotta dal pm Gennaro Varone avrebbe riciclato ingenti somme di denaro di un’altra famiglia malavitosa del Gargano, i Romito di Manfredonia. Oltre ai sigilli dei locali, gli investigatori hanno sequestrato anche le varie società riconducibili alla famiglia Granatiero, diversi conti correnti, automobili, con alcuni provvedimenti notificati anche a Manfredonia.
Le indagini dei magistrati sono partite nel 2008 e sono state condotte dalle Fiamme Gialle e dalla Squadra Mobile pescaresi. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, tutto sarebbe partito dalla società “Ad Maiora” della famiglia Granatiero, già nel campo della ristorazione nella zona di Manfredonia. Con un investimento iniziale di circa tre milioni di euro, la società nel corso dei tre anni successivi si sarebbe poi allargata e moltiplicata in vari rami, sempre facenti capo ai Granatiero o a persone a loro direttamente riconducibili. Tutti gli investimenti a Pescara della famiglia pugliese sarebbero stati in denaro liquido, denaro che secondo gli inquirenti sarebbe arrivato dalle attività criminali dei Romito, persone queste che secondo Maria Michela Di Fine, il gip che ha firmato l’ordinanza, “sono risultate gravitare in ambienti di elevatissimo tasso criminale”. I Romito, protagonisti di una sanguinosa faida nelle zone del Gargano, alcuni anni addietro furono accusati dalla Dda di Bari di associazione mafiosa, ma furono successivamente assolti perché ritenuti “confidenti”. Le somme provenienti dalle attività illecite dei Romito entravano nei bilanci delle società dei Granatiero come “crediti diversi”, crediti che secondo la ricostruzione degli inquirenti non corrispondevano ad alcun debitore. Anche attraverso i fastosi tavolini dei Caffè Venezia i Granatiero avrebbero movimentato nel corso di tre anni qualcosa come venti milioni di euro. Dopo questa operazione le attività dei Granatiero a Pescara sarebbero state “scardinate”, secondo gli inquirenti.
“Erano ben consigliati”, ha affermato a proposito dei sistemi di riciclaggio messi in campo dalla famiglia pugliese il procuratore capo di Pescara Nicola Trifuoggi, presente alla conferenza stampa che in mattinata si è svolta nell’aula Alessandrini del Palazzo di Giustizia cittadino, in cui sono stati spiegati i particolari della maxi operazione.
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Il commento di Marco Forconi di Forza Nuova. “La notizia della chiusura dei noti locali pescaresi della catena “Venezia” non giunge inaspettata. Da anni si vociferava su come si fossero potute aprire attività sontuose in un periodo di magra e di scarsa circolazione monetaria. Voci che si alimentavano anche con le notizie delle inchieste partite dalla procura di Foggia. Vox Populi, Vox Dei dicevano i latini. La notizia non sorprende nè la cittadinanza nè gli operatori economici che quotidianamente affrontano le problematiche di resistenza sul mercato, problematiche accentuatesi sia con le liberalizzazioni scellerate, che non tengono conto del bacino di utenza, e sia con la crisi economica. Questi fattori stanno contribuendo alle difficoltà finanziarie delle nostre attività che non riescono a far fronte agli oneri fiscali, retributivi, contributivi ed alle spese di gestione. Pertanto, non si giustifica la proliferazione e l’esistenza sul mercato di attività che richiedono enormi capitali per gli elevati costi di avviamento e gestione. Evidentemente tale situazione non è sfuggita agli inquirenti e riteniamo che controlli ed operazioni simili possano ripristinare un sano mercato concorrenziale. Ma, a nostro avviso, la pubblica amministrazione deve svolgere un’attività preventiva istituendo ,nell’iter burocratico della richiesta di licenza di apertura attività, una certificazione di provenienza dei valori monetari dell’investimento che il nuovo imprenditore andrà a fare. Visti i tempi e gli accadimenti, non riteniamo più sufficiente avere i requisiti di idoneità igienico sanitaria dei locali dove si andrà a svolgere l’attività, nè tanto meno l’installazione di sistemi di videosorveglianza. Chiediamo che la pubblica amministrazione tuteli il mercato da inquinamenti di riciclaggio preoccupandosi di “come” possa aprire una nuova attività in questo periodo di recessione economica anzichè considerare le nuove aperture solo come dati statistici con i quali operare finanziariamente sui bilanci e sulle casse pubbliche . Il certificato di provenienza dei valori monetari potrà servire per evitare casi di riciclaggio di denaro in quanto sarà obbligatorio dichiarare la provenienza dei soldi. Nel caso in cui l’investimento sarà fatto con leasing o mutuo saranno dichiarate le provenienze dei beni posti a garanzia del finanziamento che le autorità preposte controlleranno e certamente si avranno una concorrenza leale ed un mercato sano. Più facile a farsi che a dirsi. Occorre semplicemente la volontà politica”.