Due dei funzionari ‘infedeli’ colpiti dalle custodie cautelari appartengono al Tribunale di Sorveglianza del capoluogo. Elemento questo che, se da un lato desta maggiore allarme sociale (nella sua giurisdizione ricadono istituti carcerari in cui è applicato il 41 bis dell’ordinamento penitenziario), dall’altro testimonia la capacità di contrasto di ogni tipo di infiltrazione criminale anche negli uffici giudiziari, da parte della Magistratura stessa e delle Forze dell’Ordine, e nello specifico del Nucleo di Polizia Tributaria dell’Aquila, che ha portato avanti l’indagine iniziata dalla Compagnia di Avezzano.
L’altro funzionario è un esponente del Coordinamento Interdistrettuale per i Sistemi Informativi Automatizzati (CISIA) abruzzese in servizio presso la Corte d’Appello di L’Aquila. Intuitiva, pertanto, è la delicatezza della funzione ricoperta e l’importanza che rivestiva tale funzionario per l’organizzazione informatica degli uffici giudiziari aquilani.
Gli uffici giudiziari aquilani, al di là dei singoli episodi di infedeltà, sono risultati sani ed immuni da altri fenomeni di infiltrazione.
Le indagini sono state condotte su binari di investigazione classica: intercettazioni telefoniche e telematiche, pedinamenti ed osservazioni, consulenze telematiche e grafologiche, sequestri di hardware e software, perquisizioni degli uffici giudiziari, delle abitazioni e di altri uffici, audizioni di testimoni, riscontri incrociati su documenti anche giudiziari acquisiti. La collaborazione offerta dai magistrati e dal personale degli uffici giudiziari coinvolti è stata completa e ha non poco agevolato l’opera di ripristino della legalità violata dai funzionari infedeli.
L’indagine si snodata su tre diversi filoni. In primo luogo, è stato riscontrato lo stretto rapporto di compiacenza che uno dei cancellieri del Tribunale di Sorveglianza, oggi raggiunto dalle misure cautelari, intratteneva con pregiudicati marsicani, ai quali comunicava informazioni, coperte da segreto, relative allo stato delle procedure adottate per la concessione di permessi o per altri tipi di autorizzazioni, in alcuni casi, giungendo persino a predisporre le relative richieste. Un altro scenario su cui è stata incentrata l’indagine ha riguardato le illecite modalità con le quali venivano registrati gli orari di inizio e termine dal servizio presso il Tribunale di Sorveglianza. A questo proposito, gli accertamenti svolti hanno consentito di riscontrare numerosi accessi illeciti al sistema informatico in uso presso il Ministero della Giustizia, effettuati dai funzionari ora sottoposti a misure cautelari, allo scopo di registrare orari di servizio in realtà non svolti dai colleghi infedeli, che in queste occasioni non erano presenti sul luogo di lavoro. L’ultimo aspetto oggetto d’indagine ha riguardato il pubblico concorso per l’abilitazione alla professione di avvocato che si è tenuto a L’Aquila nel dicembre 2010. In questa circostanza, le indagini hanno fatto luce su un complesso ed articolato piano ordito dai pubblici funzionari (membri dell’organo di vigilanza ma prontamente allontanati dalla sede d’esame) con la collaborazione di un terzo soggetto, allo scopo di favorire una candidata partecipante all’esame di Stato. L’attività d’indagine, nel corso della quale si appurava che la Commissione esaminatrice aveva già autonomamente ritenuto non idonea la candidata che si era tentato di agevolare, non ha offerto aspetti d’interesse investigativo oltre a quelli scoperti e denunciati.