L’Aquila.“Quello nei call center viene visto generalmente come un lavoro a basso capitale umano, ma non è affatto così. E per difenderlo dai bassi salari e dalle delocalizzazioni in Paesi come la Romania, è necessaria una legge ben definita che lo tuteli e lo valorizzi”.
Così Giulio Sapelli, professore ordinario di Storia economica presso l’Università degli Studi di Milano, dove insegna anche Economia politica e Analisi culturale dei processi organizzativi.
“Ci si orienta in modo passivo di fronte a questo settore – dice Sapelli – E poi, parlare di delocalizzazioni in un momento in cui le aziende stanno rientrando, fa capire quanto questo sia un settore considerato adatto a persone incapaci. Ma non è così, non è affatto così”.
“Ricordo quando ero consulente di Telecom all’epoca di quello che reputo un grande presidente come Marco De Benedetti – prosegue Sapelli – I dirigenti, per capire la bravura di chi lavorava al telefono e la difficoltà di rispondere ai clienti, dovevano fare tre ore di ascolti di telefonate in cuffia. A quel punto, capivano”.
“Perché chi sta in cuffia è una persona capace, abile in tutti i sensi. Il call center non è un mondo semplice e non è neppure un luogo per chi non ha qualità – rileva il professore – E io, che in genere preferisco la contrattazione alle leggi, credo che queste siano necessarie quando il mercato non ha forza. Bisogna evitare che gli addetti dei call center perdano il lavoro. E che come conseguenza vadano via dall’Italia”.
Al convegno-dibattito con Sapelli prenderanno parte, tra gli altri, il vice presidente della Regione Abruzzo, Giovanni Lolli, il sindaco dell’Aquila, Massimo Cialente, il presidente dell’associazione Lavori@mo per L’Aquila (nata all’interno del call center Inps-Inail-Equitalia), Venanzio Cretarola, rappresentanti sindacali, lavoratori ed esponenti di associazioni di categoria.